Prodotti tropicali a Km zero anche in Italia

Proposta didattica di Scienze degli Alimenti

Una riflessione sull'agricoltura innovativa e sostenibile costituisce uno spunto per un lavoro didattico e formativo da svolgere con gli studenti.

Premessa

La riforma degli Istituti professionali intervenuta nel 2018 ha introdotto alcune novità nel piano di lavoro disciplinare, tra cui le UdA multidisciplinari; si propone di seguito un percorso che ha come scenario il cambiamento climatico e coinvolge il docente di Scienze degli Alimenti e il docente di Sala e Vendita.
L’incipit è la notizia battuta da diverse testate giornalistiche, del primo raccolto di caffè proveniente da terreni siciliani. È una storia che parte da lontano quando delle persone, osservatori lungimiranti, hanno avuto l’audacia di avvantaggiarsi di qualcosa che sta avvenendo a ritmo costante: il cambiamento climatico.

shutterstock_129989510_angeliniIl caffè in Sicilia

A testare la possibilità di coltivare il caffè in Italia senza uso di serre è la famiglia Morettino, torrefattori di lunga data, che hanno avuto la temerarietà di avviare una piccola piantagione a latitudini di gran lunga superiori rispetto a quelle della Coffee Belt, l’area tra i due Tropici in cui viene coltivato il caffè: circa 60 piante di Coffea Arabica, varietà Bourbon e Catuai, nate dai semi donati negli anni Novanta dall’Orto botanico di Palermo e piantati nella borgata di San Lorenzo ai Colli, a Palermo. Da quei semi sono cresciute le piante di caffè all’aria aperta e hanno saputo adattarsi al clima siciliano. Quest’anno, nel centenario della Torrefazione Morettino, si parla di ottimo raccolto: 30 kg di caffè di altissima qualità nativo in Sicilia, con sentori particolari e unici. Alla raccolta manuale avvenuta tra luglio e settembre, è seguita la lavorazione del caffè con metodo Gold Honey, spolpatura manuale, fermentazione di 48 ore ed essiccazione al sole. Successivamente la scelta di una tostatura medio-chiara. Le piante sono state coltivate a soli 350 metri sul livello del mare (normalmente si piantano a circa 1500 metri di altitudine) e sono cresciute all’aperto senza l’utilizzo di pesticidi.
«I cambiamenti climatici devono farci riflettere sul presente e sul futuro della nostra terra», sottolinea Andrea Morettino: «se da un lato ha mostrato segnali di insofferenza per le colture tradizionali, dall’altro ha rivelato inaspettate potenzialità come dimostrano il successo delle coltivazioni di frutta tropicale quali mango, papaya, avocado, kiwi o litchi siciliani».

L’avocado e il mango italiani

Forse non tutti sanno che l’avocado è coltivato in diverse regioni dell’Italia meridionale, ma tra tutte è la Sicilia la regione in cui ci sono aree particolarmente vocate e la sua produzione sta crescendo a ritmo sostenuto. Proprio qui, negli anni Sessanta, iniziarono i primi studi sulla sua coltivazione e nel tempo hanno permesso di accumulare una conoscenza robusta su questa coltura che negli anni si è espansa notevolmente, complice una richiesta del mercato che talvolta supera addirittura l’offerta: è vegetale ma è burroso, sta bene con il dolce ma ancora di più col salato, è esotico ma rassicurante.

Oggi in Sicilia ci sono un centinaio di ettari coltivati ad avocado nelle campagne tra Messina, Acireale e l’Etna; anche in Honduras e in Ecuador gli avocado crescono in terreni vulcanici, che sono ricchissimi di minerali e con una grande biodiversità.

Mangiare un avocado coltivato in Sicilia è una scelta sostenibile per diversi motivi: disincentiva un modello agroindustriale scorretto di Paesi in cui si disbosca e sfrutta la terra con le coltivazioni intensive; supporta piccole realtà agricole che non sfruttano la terra, ma la mantengono ricca, fertile, biodiversa.

Un altro personaggio lungimirante ha intravisto nel mango l’altra coltura che poteva adattarsi alla coltivazione nelle aree costiere siciliane. Il mango made in Sicily beneficia di una filiera più corta, vista la vicinanza dei mercati di riferimento, e viene raccolto ad uno stadio più avanzato di maturazione - e migliore - che ne determina una eccellente qualità organolettica e nutrizionale. Le coltivazioni di mango si collocano in aree che godono di particolari condizioni microclimatiche, come la costa nord della Sicilia bagnata dal Mar Tirreno, ai piedi dei Monti Nebrodi.

Agricoltura e cambiamento climatico

La coltivazione delle piante tropicali in Sicilia nasce dall’idea di valorizzare i terreni agricoli e gli agrumeti incolti, riconvertiti in coltivazioni innovative che migliorano il territorio, l’agricoltura e l’economia dell’isola. Un campionario dei nuovi frutti del cambiamento climatico, dalle banane coltivate a Palermo agli avocado del Giarrese, è stato in mostra ad Expo Milano 2015, nel padiglione della Coldiretti “No farmers no party”: l’agricoltura è impegnata nella sfida di trovare l’innovazione nella tradizione.

Il cambiamento climatico in atto ha prodotto un innalzamento delle temperature medie e ciò sta avendo un impatto profondo sulle colture: nella Pianura padana, oggi, si coltiva circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserva e di grano duro per la pasta; le vigne hanno trovato casa a 1200 metri di altitudine in provincia di Aosta (Morgex e La Salle) e gli ulivi hanno fatto la loro apparizione sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese, dove in 30 mila metri quadrati di terreno crescono diecimila piante.

Risvolti didattici

Per proporre un percorso didattico che infonda fiducia nella possibilità di divenire agenti di cambiamento nel mondo attorno a noi, è necessario affrontare il tema del cambiamento climatico e cogliere le opportunità che ne derivano; è necessario formare alla flessibilità rispetto ai consumi che saranno sempre più strettamente legati alla disponibilità di mercato, ma anche ragionare assieme agli studenti sul concetto di sostenibilità, termine ormai abusato ma di cui si conoscono poco le diverse sfaccettature e le implicazioni.
Le storie di nuove colture si prestano a differenti riflessioni che possono aprire a sviluppi più ampi rispetto alla didattica tecnico-professionale.
È possibile ad esempio lavorare sulle competenze personali, sottolineando la capacità che hanno avuto queste persone di osservare i fenomeni (cambiamento climatico in atto, costante e progressivo), formulare delle ipotesi e, sulla base delle conoscenze pregresse, degli studi e dell’assunzione del rischio, trarne delle conclusioni da cui sono scaturite delle azioni (decisione di investimento). È questo il percorso che ha accomunato tutti coloro che si sono avventurati nella coltivazione di piante tropicali quando nessuno ne parlava. È possibile lavorare sul cambiamento climatico, con l’idea che sia ancora possibile mettere in atto strategie virtuose. Ancora, si può lavorare dal punto di vista professionale per acquisire le tecniche di utilizzo dei prodotti al fine di valorizzarli ed eventualmente proporre delle innovazioni di consumo.
Di sicuro è questa un’occasione per formare cittadini e operatori del settore enogastronomico che possano fare la differenza negli anni a venire, perché sono stati preparati ad affrontare il continuo cambiamento, attraverso la capacità di leggere i dati e ricavarne informazioni utili. La scuola e i docenti hanno l’opportunità di contribuire a questo cambiamento epocale, attraverso la condivisione di esperienze di successo e la creazione di reti di collaborazione territoriale. In questo periodo storico è necessario selezionare per gli studenti il meglio delle esperienze di cui siamo a conoscenza ed educarli alla possibilità: la Sicilia offre un esempio virtuoso di resilienza e innovazione!

Referenze iconografiche: CreatoraLab / Shutterstock, bonga1965 / Shutterstock

Patrizia Angelini

Laureata in Scienze e Tecnologie Alimentari presso la Facoltà di Agraria dell'Università Cattolica, sede di Piacenza, ha maturato una significativa esperienza nelle aziende del settore agroalimentare sia per l'implementazione sia per il mantenimento dei sistemi di gestione integrati. Insegna Scienze degli Alimenti presso l'IPSEOA Cornaro di Jesolo (VE).