Antartide: intervista a un geografo-viaggiatore
Una lezione in presa diretta, ricca di emozioni, su uno degli ambienti più straordinari e ancora poco conosciuti del nostro pianeta.
1. Professor Corbellini, quali motivazioni l'hanno spinta a un viaggio in Antartide?
Avevo visto molti documentari sulla vita dei pinguini nell’ambiente apparentemente inospitale della calotta di ghiaccio dell’Antartide, caratterizzata dalle temperature più basse del pianeta. Un continente dove l’essere umano può vivere soltanto all’interno di basi create per le ricerche scientifiche e dove la protezione della natura è garantita da accordi internazionali. Oggi però per avvicinare questo mondo così estremo ma affascinante non si deve essere necessariamente degli esploratori polari. Basta infatti partecipare ai viaggi organizzati proprio per far conoscere anche a dei semplici turisti l’Antartide e la fauna che lo popola. I viaggi si svolgono in prevalenza durante i cinque mesi dell’estate australe, da novembre a marzo, quando i ghiacci della banchisa si sciolgono e le temperature scendono di poco sotto lo zero.
Il principale motivo che mi ha spinto a intraprendere questo viaggio è stato quello di documentare di persona, anche fotograficamente, un ambiente che ancora non conoscevo, per trasmettere a studenti e studentesse informazioni e immagini aggiornate e didatticamente significative. In particolare, ho voluto verificare l’impatto che il turismo può avere su un ecosistema così delicato come quello dell’Antartide. Un fenomeno che – grazie anche a costi più abbordabili, sebbene sempre elevati – ha subito negli ultimi vent’anni un forte incremento, passando da poche centinaia di ingressi nel periodo 1984-1988 ai 40-50 000 ingressi (da tutto il mondo) degli ultimi anni! Ciò ha comportato sempre più severe restrizioni per ridurre al minimo l’impatto ambientale del turismo.
2. Da dove è partito e come è arrivato laggiù?
Sono partito da Ushuaia, una città argentina, nella Terra del Fuoco che avevo già visitato altre volte. Si trova a 54° 48’ di latitudine Sud, all’estremità meridionale del continente sudamericano e per questo è definita “la città alla fine del mondo”. Da qualche anno è diventata una meta turistica molto frequentata, e non solo da argentini, per la possibilità di effettuare brevi crociere che portano sulle coste di isole abitate da esemplari della fauna antartica, in particolar modo i pinguini. Qui mi sono imbarcato su una delle tante navi da crociera attrezzate per la navigazione nei mari polari, che ospitano non più di 200 persone fra turisti, personale, guide ed esperti. Gli operatori sono associati nella IAATO (International Association of Antarctica Tour Operators), l'organizzazione fondata nel 1991 per promuovere viaggi in Antartide sicuri e sostenibili, ispirandosi ai principi del Trattato antartico.
Due giorni di navigazione mi hanno fatto provare l’emozione dell’attraversamento dello Stretto di Drake, uno dei tratti di mare più agitati del mondo, soggetto a forti burrasche, come testimoniato dai racconti degli antichi navigatori a vela. Interessante dal punto di vista geografico è stato inoltre l’attraversamento, più a sud, tra i 50 e i 60 gradi di latitudine, della convergenza antartica, ossia la zona di passaggio tra le estremità meridionali degli oceani Pacifico, Atlantico e Indiano e l’oceano Antartico, che in genere non viene riportato nella nostra cartografia: una sorta di “barriera” che separa, dal punto di vista climatico e biologico, il continente antartico dalle zone temperate. Una vera e propria lezione dal vivo, molto emozionante, di geografia. A sud della convergenza antartica si entra infatti in un ecosistema marino ricco di nutrimenti come il fitoplancton e lo zooplancton (in particolare formato dal krill), che costituiscono i primi anelli della catena alimentare. Tutto si riempie di vita. Me ne accorgo dagli sbuffi d’acqua che indicano la presenza delle balene e dall’agile volo di uccelli come gli albatros, la cui apertura alare può raggiungere i tre metri e mezzo.
3. Ci può descrivere qualche tratto di quel paesaggio ghiacciato, la sua fauna?
L’unico settore aperto al turismo è quello della Penisola antartica, la cui ossatura è costituita da montagne che superano i 2800 metri, da cui si diramano ghiacciai che si gettano con la loro lingua in mare frantumandosi in iceberg dalla forma piramidale. Un paesaggio quindi di tipo alpino, differente da quello classico che avevo visto nei documentari in cui predominano i piatti tavolati di ghiaccio. Non vi sono porti di approdo se non in corrispondenza delle basi scientifiche e si può quindi sbarcare solo trasferendosi su robusti gommoni manovrabili con perizia nei canali lasciati liberi dai ghiacci galleggianti. Le regole per evitare qualsiasi forma di inquinamento sono severe: non possono sbarcare più di 100 persone al giorno dopo aver pulito i vestiti con un’aspirapolvere e sterilizzato gli stivali di gomma, di cui ogni partecipante è dotato, attraverso spazzole rotanti e liquidi disinfettanti. Questo per evitare anche il più occasionale scambio di specie aliene che possano incidere sull’ecosistema.
Trasporto a bordo dei gommoni verso la costa della Penisola antartica, mentre all'orizzonte le montagne rivestite di ghiaccio emergono tra le nuvole.
© Giancarlo Corbellini
La fauna è rappresentata dai pinguini Papua e dai pinguini Sottogola (Chinstrap), così chiamati per la striscia nera che presentano sotto il mento. D’estate, nella stagione della cova, vivono in colonie di migliaia di esemplari sulle colline rocciose - questa per me è stata una sorpresa -, dove con i sassi costruiscono il nido. Per raggiungere le colonie di pinguini abbiamo dovuto calzare le racchette da neve per salire e scendere sui pendii senza fatica, lasciando delle impronte presto cancellate dalla neve portata dal forte vento. Un vento catabatico (o di caduta), considerato tra i più violenti e freddi della Terra, che può raggiungere i 200 km/h e rendere, tra l’altro, pericolosa la navigazione sui gommoni.
Le piste battute dalle guide sono lontane da quelle percorse giornalmente dai pinguini - note come Penguins Highway, o “autostrade dei pinguini” - per scendere dalle loro colonie fino alla riva. Qui trovano infatti i sassi necessari alla costruzione del nido e si immergono per cercare cibo. In questo modo si evita qualsiasi interferenza con le loro abitudini di vita. E quando la pista percorsa incrocia quella dei pinguini, ci si deve fermare per lasciarli passare con la loro buffa andatura. I pinguini hanno sempre la precedenza da qualsiasi parte provengano. Siamo noi infatti gli intrusi.
Una vita difficile quella dei pinguini, circondati da predatori pronti a impossessarsi delle uova che li tengono sempre in tensione, come per esempio gli onnipresenti e voraci skua, uccelli marini riconoscibili dal colore bruno del loro piumaggio. Per questo, i pinguini hanno un ritmo di sonno-veglia del tutto particolare: per essere sempre vigili e difendere il nido, si addormentano infatti soltanto per pochi istanti ma migliaia di volte al giorno: in totale 11 ore, ma intervallati da 10 000 micro-sonni di quattro secondi.
Al ritorno sulla nave mi ritempro dal freddo con una doccia bollente. Una clessidra mi indica però il tempo da utilizzare anche per lavarmi. È vero che siamo ai margini della più grande riserva d’acqua dolce del pianeta, ma l’acqua è sempre un bene prezioso e non inesauribile e va quindi usata con parsimonia.
4. Perché è importante l'Antartide dal punto di vista scientifico? Che cosa ha potuto osservare?
Grazie alla presenza di basi scientifiche stabili, l’Antartide è il luogo più adatto per studiare i cambiamenti climatici. Il problema però è un altro. Se il turismo sostenibile non incide sull’inquinamento dell’Antartide, diverso è il discorso delle microplastiche, dalle quali ormai nessun angolo del pianeta è libero. Anche se in concentrazione più bassa, sono state trovate nei campioni di neve e anche nelle acque dell’oceano Antartico dove entrano nella catena alimentare dei pinguini già di per sé vulnerabili al cambiamento climatico. L’Antartide e i pinguini che la abitano possono essere quindi considerati come un termometro dell’inquinamento globale.
È comunque curioso notare come i pinguini Sottogola siano la specie che meglio si è adattata alla riduzione dei ghiacci lungo le coste della Penisola antartica, causata dal progressivo riscaldamento dell’atmosfera, e al conseguente aumento della superficie rocciosa. Si sono infatti abituati a covare le loro uova in nidi di sassi che i maschi prelevano sulle rive. I maschi, durante il periodo del corteggiamento, si legano alle femmine proprio deponendo un sasso ai loro piedi, come a indicare la volontà di costruire insieme una casa, o meglio un nido.
Abbigliamento adeguato alle temperature dell’estate antartica, che variano tra 0 e -2 °C.
© Giancarlo Corbellini
5. Un viaggio di questo tipo apre una riflessione sulla diffusione del turismo in ogni area del pianeta, fino ai suoi punti più estremi. Che cosa ne pensa?
Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione (aerei e navi) mi ha consentito in pochi giorni di raggiungere comodamente i luoghi più lontani e inaccessibili della Terra, nel passato riservati solo a coraggiosi esploratori. Ma mi ha anche reso ancora più consapevole della necessità di conservarli intatti, viaggiando in modo responsabile nel senso della sostenibilità. Chi come me ha avuto il privilegio di vedere con i propri occhi la bellezza del continente antartico deve anche promuoverne la salvaguardia perché si rispetta soprattutto quello che si conosce e si è visto di persona..
In copertina: un’“autostrada” fra i ghiacci percorsa dai pinguini Papua diretti verso il mare. © Giancarlo Corbellini