I disturbi mentali tra i giovani: uno sguardo ai dati
Una rapida panoramica a partire dal primo lockdown evidenzia un drammatico aumento dei disturbi mentali tra i giovani. La “psicopandemia” ha segnato profondamente il benessere psicologico dei ragazzi: già nel 2020 erano aumentati i disturbi del sonno, gli attacchi d'ansia e l'irritabilità; vi è inoltre stato un aumento di accessi al P.S. per disturbi mentali e un aumento del 30% dei tentativi di suicidio e autolesionismo[1].
Nel 2021 più di un adolescente su sette, tra i 10 e i 19 anni, conviveva con un disturbo mentale diagnosticato che, nel 40% dei casi, corrispondeva ad ansia e depressione[2]. Nel 2022 il CNOP segnalava che tra i giovani sino a 18 anni, uno su due viveva un disagio psicologico e uno su dieci manifestava un disturbo[3].
Nel 2024, in Unione Europea, 5,9 milioni di maschi e 5,3 milioni di femmine fino a 19 anni soffrivano di disturbi mentali[4]. Nello stesso anno, in Italia, è stato rilevato un peggioramento del benessere psicologico soprattutto tra i più giovani, in particolare tra le ragazze[5].
Ma cosa si intende per disturbo mentale?
Un disturbo mentale è una sindrome caratterizzata da significativi problemi nel pensiero, nella regolazione delle emozioni, nel comportamento. I disturbi mentali sono generalmente accompagnati da sofferenza o difficoltà nelle abilità sociali, occupazionali e altre attività significative[6].
Quali tipologie di disagio psichico possono essere presenti in classe?
Esistono disagi di vario tipo, alcuni più conosciuti quali i cosiddetti Disturbi Emotivi Comuni (DEC), tra cui stati di ansia o depressivi, attacchi di panico, disturbi del sonno... Tra le problematiche più attuali troviamo i disturbi legati a traumi o stress, come quelli associati all’adattamento a cambiamenti scolastici o familiari, o a eventi traumatici o lutti recenti. Si registra inoltre un crescente abuso di sostanze[7]. A questi si aggiungono i disturbi correlati alla tecnologia, quali dipendenza da smartphone, social media o videogiochi, spesso accompagnati da fenomeni di cyberbullismo, sia come vittima che come autore. I disturbi psicosomatici rappresentano un’ulteriore categoria da considerare: mal di testa, disturbi gastrointestinali ricorrenti, dolori muscolari o stanchezza cronica possono essere manifestazioni fisiche di ansia o stress. Infine, sono sempre più evidenti i disagi legati all’identità personale o al contesto sociale, come la discriminazione o il bullismo per motivi di genere, orientamento sessuale o appartenenza culturale, le difficoltà legate all’identità di genere e le problematiche di integrazione culturale o linguistica.
Questa varietà di manifestazioni richiede attenzione, sensibilità e competenza da parte degli insegnanti, per rilevare tempestivamente i segnali di disagio e avviare le adeguate misure di supporto.
Quale è il ruolo dell’insegnante?
Anzitutto è necessario riconoscere l’intensità del disagio per decidere quali strategie adottare: può essere sufficiente un intervento psicopedagogico di relazione d’aiuto in un colloquio individuale[8]; oppure, qualora il disagio fosse più marcato, attivare una rete di intervento con un invio allo psicologo della scuola, oppure richiedere un colloquio con i genitori per approfondire il caso. Ovviamente tenendo sempre presente che il docente non è mai solo, è inserito in un consiglio di classe con cui deve confrontarsi per condividere elementi derivati dalla sua osservazione e per concordare linee di intervento e strategie comuni.
Da dove partire?
Fondamentale è un aggiornamento costante sulle conoscenze relative ai segnali precoci di psicopatologia in adolescenza, alla presenza di fattori di rischio, alle strategie comunicativo-relazionali e di regolazione emotiva da utilizzare nei momenti critici.
Azioni concrete
Di seguito alcune indicazioni tratte dal manuale La felicità si impara (anche) a scuola di cui sono co-autrice insieme al prof. Andrea Gaggioli. Nel manuale viene presentato il modello dell’Educazione Positiva Integrata per il benessere scolastico, che si fonda su tre pilastri:
Questo modello aiuta a gestire non solo i disagi degli studenti, ma anche il proprio stress e le sfide professionali. Nel concreto gli insegnanti possono portare avanti quattro azioni strategiche: sviluppare la consapevolezza, favorire il benessere psicologico, educare al benessere psicologico e imparare a gestire le crisi emotive degli studenti.
Nel volume La felicità si impara (anche) a scuola sono presentati molti altri esempi di attività, strategie e strumenti utili per questi tre obiettivi. Analizziamo ora, in maniera più dettagliata, come gestire le crisi emotive.
Alcune strategie pratiche per gestire situazioni di crisi emotiva[9] possono essere:
Il benessere dell’insegnante
Un insegnante in equilibrio emotivo è più efficace nel supportare gli studenti. Come evidenziato nel mio approccio, pratiche come la mindfulness, la formazione continua e il confronto con i colleghi sono essenziali per preservare il proprio benessere. La flessibilità psicologica è particolarmente utile per affrontare le sfide quotidiane e mantenere un atteggiamento resiliente.
Conclusione
L’insegnante è una figura chiave nel supportare gli studenti durante momenti di difficoltà emotiva, ma deve sempre rispettare i confini del proprio ruolo professionale. Attraverso ascolto, calma e collaborazione con altri professionisti, è possibile offrire un aiuto prezioso che rispetti i bisogni degli studenti e promuova il loro benessere. L’Educazione Positiva Integrata rappresenta un quadro teorico e pratico innovativo, in grado di supportare gli insegnanti nel loro compito educativo e umano.
[1] Dati dell’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma.
[2] https://www.unicef.org/media/108161/file/SOWC-2021-full-report-English.pdf
[3] https://cnop.img.musvc5.net/static/151940/assets/1/1492021%20CNOP_survey_report.pdf
[4] Dati Unicef: “Child and adolescent mental health - The State of Children in the European Union 2024”, https://www.unicef.org/eu/stories/state-children-european-union-2024
[5] Dati ISTAT https://www.istat.it/it/files//2024/04/1.pdf; il rapporto indica inoltre che il 28% della popolazione italiana aveva una forma di disturbo mentale.
[6] Secondo il DSM- 5, 2013. Manuale internazionale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell'American Psychiatric Association, utilizzato per le categorie diagnostiche anche in Italia.
[7] Sostanze come alcool, nicotina o droghe.
[8] Secondo le tecniche del “messaggio-io” e dell’ascolto attivo ideate da Gordon.
[9] Per un’analisi più completa e approfondita si rimanda al capitolo dedicato all’Educazione Positiva Integrata del volume La felicità si impara (anche) a scuola.
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