La riforma dell’orientamento nelle scuole secondarie di primo e secondo grado è prevista dal PNRR sotto la voce Investimento 1.6 – Orientamento attivo nella transizione scuola-università.
Per quanto riguarda la scuola di secondo grado, l’offerta formativa sarà erogata principalmente agli studenti del IV e V anno (è comunque fruibile già a partire dal terzo anno di corso) per non meno di 30 ore nei due anni; la misura prevede un piano di interventi di 250 milioni di euro.
La platea dei destinatari è di circa un milione di studenti, che i corsi avranno lo scopo di stimolare a sviluppare un’adeguata conoscenza dei percorsi didattici universitari e la consapevolezza delle proprie attitudini e conoscenze, per operare una scelta positiva in ambito di studio o lavorativo. Sono favorite la partecipazione degli allievi con disabilità e disturbi specifici dell’apprendimento e la parità di genere.
In attuazione di tale investimento, il Ministero dell’Istruzione, con nota 3221 del 7 ottobre 2022, ha emanato il decreto ministeriale n. 934/2022 e il decreto direttoriale n. 1452/2022 specificandone i seguenti punti chiave:
La riforma ha come obiettivo principale quello di creare una sinergia e una continuità tra il mondo della scuola e quelli dell’università e del lavoro, al fine di contrastare il fenomeno della dispersione scolastica e l’aumento dei NEET, ossia di quella fascia di giovani che non lavorano, non studiano e non ricevono una formazione in tal senso.
In Italia, secondo il rapporto Eurispes che ogni anno studia questo fenomeno, i NEET nel 2022 hanno superato i tre milioni di unità e tra questi oltre 1,7 milioni sono donne. Il fenomeno era già in aumento prima della pandemia, a fine 2019, dopo alcuni anni di lenta ma costante riduzione.
Dall’indagine risulta che l’Italia presenta una delle più alte percentuali di inattività in Europa (il 25,1% contro il 7% di Svezia e Paesi Bassi e una media europea che oscilla intorno al 18%).
Secondo il Sole24Ore «la percentuale dei NEET tra i laureati tra i 25 e i 29 anni è del 21,9%, quasi il doppio rispetto alla media Ue (11,4%) e ben più alta dell’11,6% della Francia, del 6,7% della Germania e del 4,6% dell’Olanda».
Altrettanto alta è la percentuale dei giovani che abbandonano prematuramente sia l’istruzione sia la formazione professionale.
Spesso, durante la pandemia, i PCTO e le attività di orientamento sono stati realizzati a distanza attraverso progetti formativi ad hoc, che però non sempre hanno raggiunto un’ampia platea di giovani; ciò ha impattato negativamente sulle scelte di studio e carriera.
Venendo a mancare l’orientamento, gli studenti incontrano difficoltà a scegliere in base alle proprie attitudini e ai propri interessi. Per questo motivo, il PNRR per l’istruzione ha dedicato all’orientamento una posizione di priorità; l’esperienza realizzata nei due anni appena trascorsi ha infatti indicato che servono ingenti investimenti, la revisione dei percorsi e la riprogettazione delle attività.
A fronte di questa grande sfida, è opportuno chiedersi quali relazioni vi siano tra orientamento e PCTO e come si possa incrementare la valenza di quest’ultimo, in modo che le attività previste al suo interno contribuiscano a fare orientamento.
L’orientamento accompagna il singolo nella realizzazione di un progetto di vita personale e professionale e deve garantirgli un’azione finalizzata alla costruzione del sé e alla realizzazione sociale, aiutandolo a gestire consapevolmente ed attivamente le opportunità e le difficoltà che incontra.
I PCTO esaltano la valenza formativa dell’orientamento in quanto pongono gli studenti nella condizione di sviluppare un atteggiamento di graduale consapevolezza delle proprie attitudini, in relazione a uno specifico contesto di riferimento e di sperimentarle sul campo attraverso una o più esperienze dirette.
Per questo è utile che i PCTO assumano rilevanza orientativa, in grado di sviluppare nei giovani consapevolezza. Questo processo passa attraverso vari momenti: quello dell’esperienza deve essere preceduto da un momento formativo che permetta agli studenti di acquisire informazioni su di sé e sulle proprie competenze. Il tempo dedicato all’orientamento può e deve essere riconosciuto ai fini del PCTO.
La capacità di orientarsi deve diventare una strategia per dare un senso alle proprie scelte per tutta la vita; ma la strategia si elabora solo se si hanno chiari gli interessi, le risorse disponibili e gli elementi su cui focalizzare la propria attenzione.
Alcune attività utili allo scopo di realizzare un orientamento efficace sono:
Queste azioni consentono agli studenti di raggiungere l’autoconsapevolezza, che passa attraverso le seguenti fasi:
Interessi > Conoscenze > Hard skills > Soft skills
L’autoconsapevolezza è legata alle caratteristiche personali di ogni individuo, alcune delle quali, come l’intelligenza e la personalità, non sono modificabili, mentre altre come il metodo di studio, la motivazione e gli interessi sono dinamiche, cioè cambiano nel tempo e possono essere migliorate e incrementate.
Gli interessi assumono priorità diverse col passare del tempo e dipendono dalla propria motivazione; vi sono interessi di cui spesso gli individui non sono a volte consapevoli e vengono scoperti in occasione di esperienze realizzate anche in modo casuale. Le persone sono in continua relazione con l’ambiente esterno e modificano i propri interessi anche in funzione dei riscontri che ricevono dall’ambiente circostante.
La verifica delle conoscenze passa attraverso un’attenta analisi dei propri saperi, un bagaglio di norma cresciuto durante il percorso di studi, ma non necessariamente. Le conoscenze, le abilità e le competenze si sviluppano anche attraverso esperienze extrascolastiche. In questo senso i percorsi PCTO contribuiscono allo sviluppo del bagaglio culturale degli allievi, inteso nel senso più ampio del termine, e favoriscono lo sviluppo di hard skills e soft skills.
Le hard skills sono conoscenze tecniche e specialistiche legate al proprio curriculum di studi e alle esperienze di lavoro, e sono assai ricercate in fase di colloquio e selezione del personale: sono comprovate da attestati e certificazioni, ma anche da esperienze svolte sul campo poiché hanno la caratteristica di essere trasmissibili dai soggetti più esperti a coloro che devono apprenderle. Le hard skills devono essere mantenute e accresciute con un aggiornamento continuo, perché il mondo del lavoro è in continua evoluzione.
Le soft skills fanno riferimento ad abilità di tipo socio emotivo, utili alla partecipazione sociale e al successo lavorativo, sono difficilmente misurabili e non sono trasmissibili, ma rappresentano un fattore chiave durante la selezione del personale. Anche le soft skills si possono accrescere e sviluppare; talvolta l’insuccesso negli studi e la difficoltà a trovare un lavoro dipendono proprio dalla carenza di queste capacità.
Le soft skills possono e devono essere sviluppate a vari livelli, sia attraverso gli insegnamenti curricolari sia attraverso la realizzazione di percorsi specifici (quali quelli dei PCTO) attivati in presenza, da remoto o con modalità mista.
Nel 2020 il World Economic Forum ha individuato dieci soft skills ritenute indispensabili per muoversi nei futuri scenari internazionali post pandemia. Esaminiamole brevemente inserendole in ordine di importanza, così come indicato dal WEF.