Negli anni ‘90-’91 ero responsabile di un centro di educazione ambientale del comune di Ravenna. In quel centro educativo, che fu chiamato dapprima “Laboratorio per l’ecologia” e poi “Centro Gioco Natura e Creatività”, proponevo attività ed esperienze legate all’approccio epistemologico di Bateson, che avevo tratto dall’illuminante – seppur complesso – Ecologia della mente. Si tratta di un’opera difficile, in cui vi è anche un saggio sul gioco che aveva ispirato la nascita di un museo del giocattolo auto-costruito, multiculturale e pacifista.
Con i miei collaboratori, ogni anno proponevamo alle scuole un opificio di costruzione di giocattoli su tematiche legate a oggetti di riciclo, all’ecologia, alla divulgazione scientifica, che si concludeva con mostre rivolte alla città. Il centro era un luogo in divenire, un cantiere aperto che coinvolgeva bambini, insegnanti, artigiani, artisti, maestre e genitori.
Durante il periodo della guerra del Golfo eravamo molto preoccupati per come venivano mostrate nei servizi televisivi le drammatiche vicende della guerra e per la tragicità dell’evento. Mi chiedevo come potessimo parlare di pace in un momento così cupo. Avendo a disposizione moltissimi giocattoli, pensai di utilizzarli dapprima in modo parodico e satirico, smontando i loro meccanismi guerreschi e, di seguito, inventandone di nuovi riorientandoli verso il gioco pacifico e l’elaborazione immaginifica. Facemmo quindi una mostra dal titolo Lippe e non truppe, ovvero giocattoli, non armi. Costruii per l’occasione piccole truppe a partire dal gioco dei soldatini, trasformati però in “soldatini” pacifici. Li mostravo in schieramenti 4x4. Facevo ricerche sull’arte arcaica e sulle astrazioni che variavano le tradizionali raffigurazioni dei soldatini di metallo o di plastica della produzione industriale.
Fu poi in occasione di uno stage di formazione interculturale che venne l’idea di fare soldatini di pace utilizzando sagome di carta, riflettendo sulla poesia I giusti di Jorge Luis Borges, che potete trovare nella raccolta La cifra (Mondadori, 1982).
In quei versi, nell’idea dell’essere umano che ogni giorno fa qualcosa per sé in santa pace, nell’autodisciplina, lavorando in silenzio senza mettersi in mostra, mi sembrava ci fosse qualcosa di molto significativo legato a una cura del sé di stampo stoico.
Nel 2015 proposi il laboratorio a casa di Mario Lodi, che era mancato l’anno precedente, e decidemmo di posizionare la Carovana dei Pacifici proprio davanti al portone della sua cascina. I Pacifici erano ispirati in qualche modo al suo metodo, avendolo frequentato negli anni dell’allestimento della mostra La scienza in altalena: didattica attiva, attività espressive, ricerca sul campo, scambi tra eguali, scrittura individuale e collettiva, impegno per una cittadinanza attiva.
Il progetto di ricerca di soluzioni positive ai conflitti e di educazione alla pace, che ha coinvolto oltre 20.000 ragazzini, è stato diffuso in un primo momento dalla Rete di Cooperazione Educativa – e ciò lascia ben sperare – poi, e ancora oggi, grazie all’Associazione Montessori Brescia. Le sagome pacifiche continuano a camminare e raccontano pensieri e gesti di pace.
Gianfranco Zavalloni ed io anni fa lavorammo insieme alla realizzazione di un volumetto (al momento fuori catalogo) che avremmo voluto intitolare Dalla cura del sé alla cura del mondo e che invece fu pubblicato con il titolo Piccoli gesti di ecologia. Ho menzionato il titolo che avremmo desiderato perché qui sta il nocciolo della questione. La pace si fa prima di tutto dentro di sé, poi nelle relazioni con gli altri e quindi con il mondo, che comprende umani e non umani, e richiede gesti etico-politici, gesti di pace. Questi elementi sono ancora oggi al centro della nostra riflessione, grazie a un altro strumento-gioco cui abbiamo dato vita: la Bussola della pace, che si può vedere sul sito della Carovana dei Pacifici, curato da Giovanna Sala.
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Faccio le cose di sempre, sto in laboratorio a lavorare, cerco di passare quel po’ di esperienza che ho maturato negli anni a giovani allievi distratti e permalosi. Costruisco giocattoli in modo amabile, inconsueto e con pizzichi di ragionevole demenza. Altri fanno il pane o coltivano un orto, io cerco quotidianamente di scoprire il segreto di quella cosa che tanto appassiona i bambini e che chiamiamo giocattolo.
Referenze iconografiche: atsurkan/Shutterstock