Mai prima d’ora l’impronta antropica sui sistemi naturali della Terra è stata così grande. Stiamo consumando più risorse di quanto il Pianeta ne metta a disposizione. Dal 1950 la popolazione umana è aumentata di quasi il 200%, il consumo di combustibili fossili è aumentato di oltre il 550% e la pesca di oltre il 350%. Abbiamo costruito dighe su circa il 60% dei fiumi del mondo, abbiamo abbattuto quasi la metà delle foreste temperate e tropicali, ogni anno utilizziamo circa la metà dell’acqua dolce accessibile e il 50% della superficie abitabile del pianeta per nutrirci.
L’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici parla esplicitamente di come le azioni di mitigazione per il clima contribuiscano a creare un ambiente più salubre, dall’aria più pulita e dalla riduzione dei rischi di ondate di caldo estremo al controllo della diffusione delle malattie.
Il cambiamento climatico comporta l’aumento delle temperature, l’innalzamento dei mari e un’incidenza più frequente di forti tempeste. Gli impatti umani noti includono inondazioni che possono aumentare i rischi di malattie legate all’acqua e malattie trasmesse da vettori; un impatto sulla produzione alimentare, sia in termini di aumento dei cicli di siccità sia di diminuzione dei micronutrienti nelle colture di base; anche gli inquinanti legati alle emissioni di carbonio (e ai cambiamenti climatici) sono dannosi per la salute umana. A livello globale, oggi c’è una mortalità maggiore a causa dell’inquinamento atmosferico che a causa dell’HIV, della malaria e della tubercolosi messe insieme.
Le attività umane stanno determinando un cambiamento biofisico fondamentale a tassi molto più ripidi di quelli mai esistiti nella storia della nostra specie. Questi cambiamenti biofisici si stanno verificando in almeno sei dimensioni:
Ciascuna di queste dimensioni interagisce con le altre in modi complessi, alterando condizioni fondamentali per la salute umana: la qualità dell’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo e il cibo che possiamo produrre. Questi cambiamenti nelle nostre condizioni di vita influiscono in ultima analisi su ogni dimensione della nostra salute e del nostro benessere.
Richard Horton, redattore capo della rivista “The Lancet”, insieme ad altri colleghi sono ritenuti coloro che avrebbero coniato il termine salute planetaria in un articolo del marzo 2014 intitolato Dalla salute pubblica alla salute planetaria: un manifesto: “I danni che continuiamo a infliggere ai nostri sistemi planetari sono una minaccia per la nostra stessa esistenza come specie”, ha scritto il team di Horton. “Le conquiste realizzate in materia di salute e benessere negli ultimi secoli, anche attraverso azioni di sanità pubblica, non sono irreversibili; possono essere facilmente persi, una lezione che non abbiamo appreso dalle civiltà precedenti”[1] [ns. trad.].
Il concetto della salute planetaria in qualche modo racchiude il concetto molto noto di One Health, perché quest’ultimo riconosce i legami tra salute umana, animale e ambientale.
Deve essere incorporato e integrato. Nel contempo, però, va oltre. Il concetto di One Health promuove collaborazioni multidisciplinari tra medici, veterinari, specialisti ambientali, e altre professioni sanitarie.
Il supporto per One Health è in crescita e deve essere accolto e implementato a livello globale. Per Richard Horton e i suoi colleghi, però, il concetto di One Health sarebbe di per sé incompleto e non permetterebbe di affrontare in modo adeguato le schiaccianti minacce ambientali che mettono in pericolo l’esistenza stessa del genere umano.
Circa il 75% delle malattie infettive emergenti sono zoonotiche, ovvero possono essere trasmesse direttamente o indirettamente dagli animali all'uomo, ad esempio attraverso il consumo di alimenti contaminati o il contatto con animali infetti.
La salute planetaria evidenzia anche la questione strettamente correlata dell’equità. Nella maggior parte dei casi, le persone più povere del mondo con il minor numero di risorse istituzionali, culturali, governative o filantropiche disposte a supportarle, sono le più vulnerabili alle condizioni ambientali in rapido cambiamento.
Un risultato importante della ricerca sulla salute planetaria è stata però la quantificazione dei costi sanitari che in precedenza erano solo vaghe esternalità. La maggior parte dell’impatto umano sui sistemi naturali è il risultato di attività economiche di varia entità, ma nella valutazione dei costi e dei benefici di queste attività, gli effetti sulla salute della trasformazione ambientale sono stati per lo più tralasciati. Sia che si stia determinando il costo sociale delle emissioni di carbonio, che l’impatto della produzione di olio di palma in Indonesia o i costi e i benefici di una diga in Africa occidentale, comprendere e quantificare le implicazioni per la salute di queste attività spesso cambia notevolmente l’equazione dei costi e dei benefici. In definitiva, la quantificazione permette anche di tracciare una strada solida verso una migliore equità.
In una certa misura, la salute planetaria rappresenta la nostra risposta attuale a quello che potremmo chiamare il lato oscuro dello sviluppo, del progresso e del processo di civilizzazione, un mezzo per affrontare le conseguenze dell’assalto incessante della nostra specie ai sistemi planetari che sostengono la vita.
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