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Un mondo possibile. Scienza e tecnologia per un futuro sostenibile

Scritto da Davide Coero Borga | ott 24, 2022

Sradicare la povertà. Garantire a tutti una vita sana. Promuovere una crescita economica duratura, ma sostenibile. Combattere i cambiamenti climatici e le loro conseguenze. Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, l’acqua, l’energia. Contrastare la desertificazione. Fermare la perdita di biodiversità.
Gli obiettivi contenuti nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile descrivono un mondo che ancora non c’è ma che tutti i Paesi ONU devono contribuire a costruire in tempi brevissimi. Il 2030 è domani. Bisogna fare presto, bisogna fare bene e bisogna porsi domande nuove. Come si concilia la quotidianità a cui non siamo disposti a rinunciare con i legittimi bisogni di chi verrà dopo di noi? Quando parliamo di ecologia e tutela dell’ambiente stiamo parlando di salvare il Pianeta o parliamo di noi e della sopravvivenza stessa della nostra specie?

Il convegno Un mondo possibile. Scienza e tecnologia per un futuro sostenibile
intende offrire qualche risposta a queste domande. Ma anche porne di nuove e inattese. Perché se vogliamo parlare di futuro sostenibile c’è bisogno anzitutto di aprire gli occhi su quanto troppo spesso rischiamo di dare per scontato.

Rispetto a che cosa siamo ciechi? Alle piante e al mondo vegetale, per esempio. Come Sapiens ci siamo evoluti per avvistare rapidamente un predatore che si nasconde fra il fogliame, e non il contrario, perché non ci aspettiamo che un albero possa nuocerci allo stesso modo. Eppure loro, le piante, nell’insieme costituiscono più dell’80% della materia vivente e hanno permesso il successo di una specie - la nostra - che, sulla Terra, rappresenta appena lo 0,01% degli organismi viventi.

Un altro esempio: il mare. La maggioranza delle megalopoli - le aree metropolitane con più di 10 milioni di abitanti - sorge sul mare. Il 90% del commercio mondiale si svolge utilizzando il trasporto marino. La nostra stessa “società dell’informazione” si basa su un network fisico ed estremamente tangibile di cavi sottomarini. Migliaia di kilometri di rete cablata e posata sul fondo del mare dove corre il 95% delle telecomunicazioni globali. Secondo i dati ONU più di 3 miliardi di persone dipendono dalla biodiversità marina e costiera per il loro sostentamento. Gli oceani rappresentano la più grande riserva di proteine al mondo. Di pianeta verde e pianeta blu ci parlano il neurobiologo vegetale dell’Università di Firenze Stefano Mancuso e la responsabile del programma Mare del WWF Giulia Prato.

Ci sono però anche altri aspetti di cui tener conto.
Il “futuro sostenibile” che scienza e tecnologia possono concorrere a costruire passa attraverso almeno tre grandi questioni con cui abbiamo dovuto fare – e facciamo quotidianamente – i conti perché fonte di disuguaglianze e conflitti: la salute globale, la transizione energetica, la trasformazione dei processi produttivi. Si parla di One Health. Perché per raggiungere la salute globale bisogna occuparsi dei bisogni delle popolazioni più vulnerabili sulla base dell’intima relazione tra la loro salute, la salute dei loro animali e l’ambiente in cui vivono.
Si parla di questione energetica. Con gli sforzi che ciascuna nazione sta facendo per garantire l’approvvigionamento di tutto ciò di cui c’è bisogno, mentre la ricerca lavora a nuove soluzioni che potrebbero, domani, renderci autosufficienti.

Si parla di robot e intelligenza artificiale. Tecnologia sempre più presente e che promette, almeno sulla carta, di cambiare radicalmente il nostro modo di produrre beni materiali, immateriali e che, ci piaccia o no, è la causa principale del cambiamento climatico che stiamo vivendo.
Di salute, energia e tecnologia discutono insieme il direttore generale di Fondazione Telethon Francesca Pasinelli, il fisico dell’Università di Padova Piero Martin, esperto di fusione nucleare, e il coordinatore del laboratorio di robotica industriale dell’Università di Napoli Federico II, Bruno Siciliano.

La sostenibilità è un sistema complesso. Il “mondo possibile” che dà il titolo al convegno può essere compreso e osservato correttamente solo considerandolo “nel suo insieme” e osservando le interazioni tra i suoi elementi.
Sono queste interazioni che rendono il sistema caotico, non ogni singolo elemento in sé. Per questo il convegno si chiude con il collegamento con una fisica che si occupa di sistemi complessi, a Boston negli Stati Uniti d’America: Giulia Menichetti, docente e ricercatrice presso la Harvard Medical School e Northeastern University.

Referenze iconografiche: Inna Vlasova/Shutterstock