Torneremo a viaggiare. È una delle speranze più forti del tempo che viviamo, in cui il vaccino stesso viene avvicinato all'idea del passaporto: la nuova normalità post Covid nasce sul bisogno di ritrovare l'altrove. Non soltanto nel lavoro, nelle vacanze, nel tempo libero, ma certamente anche nella didattica il viaggio, la gita, la ricerca dei luoghi come dimensione del confronto rappresentano una necessità con cui stiamo facendo i conti. Opportunità che sentiamo di non riuscire più a cogliere.
Il racconto dei luoghi può diventare una grande cornice che fa da sfondo a moduli disciplinari o unità di apprendimento. Può quindi prestarsi a costruire una serie di scenari che caratterizzano l'esperienza didattica. L'insegnante – o dovrei forse dire Marco Polo? – utilizza il pretesto della visita virtuale a un luogo per costruire una lezione plenaria interdisciplinare. Per realizzarne di davvero efficaci si possono utilizzare tantissime per esempio Thinglink, che sta riscuotendo sempre più successo specialmente in ambito scolastico, oppure le ricostruzioni tridimensionali di Google Earth. L'idea del tour virtuale consente di unire a una forma di contestualizzazione immersiva la dimensione ipertestuale: nella “gita” ci sono cose da scoprire che consentono di accedere a contenuti multimediali. Il luogo svela la sua complessità attraverso diversi livelli di lettura che possono confluire in moduli interdisciplinari riguardanti l'intero consiglio di classe. Gli allievi-Kublai dovranno partecipare alle lezioni plenarie in modo attivo, “navigando” nel tour attraverso la guida del docente. Il loro compito sarà quello di prendere appunti e di condividerli in cloud; dovranno inoltre partecipare ai moduli delle diverse discipline in cui saranno valutati. La condivisione degli appunti è una pratica da promuovere e sperimentare proponendo ai ragazzi un approccio collaborativo. Ad esempio, scegliendo a turno i verbalizzatori o attribuendo ruoli significativi all'interno della classe selezionando temi chiave a cui legare l'organizzazione delle informazioni raccolte.
Un altro modo di introdurre nella didattica il racconto dei luoghi è quello di trasformarlo in un utile pretesto per ricostruire le competenze in ingresso e preparare lezioni plenarie successive. L’insegnante chiede agli allievi di cercare delle immagini di posti che hanno visitato (cartoline, fotografie, poster...) e realizza una presentazione che le raccoglie tutte. Oppure predispone un Padlet su cui gli allievi possono incollare le loro proposte. Attraverso la tecnica delle domande stimolo cerca di far emergere temi chiave che saranno utili a definire una griglia di focus su cui lavorare nelle lezioni successive. Avviare un'osservazione e una riflessione condivisa su territori, paesaggi o parti di città è un'operazione interessantissima: offre grande ricchezza di spunti dal punto di vista disciplinare perché permette di toccare questioni che spaziano dall'ecologia all'educazione civica, passando per la storia dell'arte, la geometria e ovviamente la geografia. Senza contare che sottoporre a sguardi diversi dal proprio le personali prime esperienze di viaggio è un’attività sorprendentemente efficace se finalizzata al team building. Lasciate che ciascuno introduca le immagini che riconosce come proprie e stimolate l'osservazione di dettagli o questioni più generali in altri compagni in modo da coinvolgere il più possibile il gruppo in una chiacchierata ampia. Appuntate le idee più interessanti su di un file condiviso senza dimenticare gli obiettivi prefissati e portando la discussione nella direzione degli argomenti che avrete selezionato in precedenza: quella che poteva sembrare una valigia disordinata ritroverà un senso e costituirà l'avvio di nuovi percorsi di apprendimento.
Concludo le mie proposte tornando a Calvino, che attraverso le parole di Marco Polo ci consente di cogliere un'ultima metafora. Più profonda e legata a questo lungo e difficile anno in cui la scuola sembra aver perso i contorni che ci aiutavano a riconoscerla come un paesaggio familiare.
Kublai chiede a Marco, cogliendolo di sorpresa, se possano esistere un luogo o un paesaggio che rappresentino l’inferno. Il nostro viaggiatore risponde che la sofferenza non va cercata altrove poiché è facile riconoscerla nella realtà che viviamo ogni giorno. Per non annegare in essa esistono solo due modi: accettare la sofferenza al punto di non patirne più gli effetti o imparare a riconoscere la bellezza in mezzo all’inferno restituendole tempo e spazio. La nostra didattica è certamente un modo di dare nuovo respiro a quegli spazi, di aprire finestre e aiutare i ragazzi a guardare ancora fuori con curiosità.
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