In linea di principio, tutto è divertente e tutto risulta al contempo noioso, a seconda dei punti di vista, dell’interesse e dell’esperienza di chi giudica. Come quella vecchia barzelletta che racconta di un famoso jazzista che all’inferno è costretto a suonare il suo pezzo preferito per l’eternità, senza mai poter smettere: una condanna crudele, no? Ecco allora che sarebbe interessante proporre agli studenti un questionario sulle caratteristiche delle lezioni più noiose, per capire se dipenda per esempio dalla materia spiegata o dal tipo di spiegazione o da altro. Probabilmente, tra le lezioni giudicate più noiose troveremmo spesso la matematica.
A proposito di questionari e di matematica, il 20 aprile 2016 il Consiglio Scientifico dell’Unione Matematica Italiana (Umi) ha divulgato un documento di riflessione sui risultati ottenuti dagli studenti italiani nei test Ocse-Pisa del 2012, un’indagine internazionale volta a rilevare ogni tre anni le competenze dei quindicenni in lettura, matematica e scienze. I test dicono che in Italia “gli studenti quindicenni ottengono in media un risultato di 485 punti in matematica, inferiore alla media Ocse (494)”.
La matematica, quindi, risulterebbe noiosa perché piena di nozioni da memorizzare, con tanti esercizi tutti uguali e perché – dati Ocse alla mano – è troppo staccata dalla realtà.
Altri fattori non meno importanti evidenziati dal rapporto Ocse-Pisa 2012 sono l’ansia e la poca autostima degli studenti: in Italia, per esempio, il 43% degli studenti riporta di diventare molto nervoso quando esegue problemi di matematica (la media Ocse è del 31%). Si legge nel documento che, in media, “nei Paesi dell’Ocse una maggiore ansia nei confronti della matematica è associata a una perdita di 34 punti nella scala delle competenze in matematica – che equivalgono a quasi un anno di scolarità. In Italia, l’ansia nei confronti della matematica è associata a una perdita di 31 punti nella scala di competenze in matematica”. E ancora: nel nostro Paese “gli studenti generalmente hanno meno fiducia nella loro capacità di risolvere un set di problemi di matematica pura e applicata rispetto alla media dei Paesi Ocse. Si stima che se gli studenti non credono nella loro capacità di risolvere problemi matematici, essi non faranno gli sforzi necessari per risolvere problemi complessi. L’autoefficacia in matematica, o la fiducia che gli studenti hanno nella propria capacità di risolvere specifici problemi di matematica, è strettamente associata ai risultati ottenuti in matematica”. Come se non bastasse, il rapporto quadriennale pubblicato a marzo 2016 dall’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale dalla Sanità sulla salute e il benessere dei giovani europei di nel biennio 2013-14 riporta che lo stress a scuola colpisce il 72% delle quindicenni e il 51% dei ragazzi. Troppa pressione dovuta, come suggerisce Franco Cavallo, curatore della parte italiana del rapporto, “soprattutto alla richiesta in termini di impegno, di ore di lavoro, all’ottenimento di determinati voti”.
Il problema di “educare alla matematica” è stato oggetto di studio da parte di pedagogisti e matematici. Non si possono non citare i famosi “dieci comandamenti per gli insegnanti di matematica” dell’ungherese George Polya (1887- 1985):
Ogni “comandamento” ha il suo perché e i punti di forza che emergono, oltre alla conoscenza e alla passione per la materia insegnata, sono l’empatia fra insegnante e studente, il valore della scoperta, della creatività insita nel lavoro matematico, la volontà di creare autonomia di pensiero e di azione, di affidare al docente un ruolo di supporto, di aiuto e non di “fonte della verità”. Tutto questo elimina la noia e crea quello stress positivo tipico dei giochi e delle indagini poliziesche.
“Un contributo recente che conviene citare è la Ted Conference del matematico spagnolo Eduardo Saenz de Cabezon intitolata A cosa serve la matematica?. La conferenza è ricca di suggerimenti di metodo per far apprezzare la materia, come l’accento sull’aspetto estetico della matematica, sulla sua bellezza, e sulla passione e l’umorismo con i quali lui stesso si presenta e affronta l’argomento.
“Nella didattica, le difficoltà di contrasto con la logica naturale sono all’ordine del giorno” sostiene Gabriele Lolli nel suo famoso saggio Il riso di Talete. Matematica e umorismo: “Nell’enunciare proposizioni, i matematici sono (diventati) molto pignoli, dettagliando e articolando le ipotesi al limite dell’esasperazione (e la pignoleria è un tratto essenziale dell’immagine ridicola del matematico, e di quella noiosa della matematica).” Contro la noia di una lezione che deve affrontare passaggi formali e definizioni necessariamente precise, un po’ di umorismo non guasta. Porta lo studente all’accettazione di momenti “pesanti” che richiedono uno sforzo di concentrazione per arrivare a capire i passaggi più difficili, insomma, lo motiva.
Adottare strategie comunicative “accattivanti” contribuisce a creare una lezione dove la partecipazione degli studenti risulta più attiva perché nel momento in cui si ride insieme, si è anche più disponibili a lavorare e a costruire qualcosa. Il termine edutainment, coniato da pedagogisti e sociologi americani, contraddistingue il momento educativo (education) che al contempo è anche un momento di svago (entertainment). Un approccio del tutto opposto a quello ormai caricaturale dello studio visto solo come sofferenza e sacrifico, privo di piacere, ben rappresentato dal cartello appeso alla parete che recita “Se ti diverti non stai imparando” del famoso film Matilda sei mitica. Dalle vignette ai fumetti, dalle barzellette fino al brainstorming o alla gamification (che prende spunto dai videogame), ogni strategia funziona per vincere quella monotonia tipica di chi rimane in superficie e non trova porte per entrare nel meraviglioso mondo della matematica e dell’insegnamento. Per concludere consiglio la lettura dell’articolo Ah Prof, facce ride’! di Antonello Taurino, insegnante di lettere e attore, famoso per i suoi interventi a Zelig, che mette in guardia sui cattivi utilizzi dell’umorismo in classe.
I fumetti sono di sicuro un modo utile per rendere la matematica più “digeribile”. Alcune vignette divertenti di Randy Glasbergen si trovano sul sito matematicamente oppure sul sito di matematica e fisica del professor Leonardo Tortorelli. Un sito in Inglese è Comic Math che contiene celebri fumetti come Calvin&Hobbes e i Peanuts. Anche la famosa manifestazione italiana Lucca comics da qualche anno ha una sezione dedicata alla scienza che ha portato alla creazione nel 2012 della rivista Comics & Science (Cnr edizioni). Per quanto riguarda altre strategie “divertenti” di insegnamento, ne citiamo due: la prima è quella proposta nei corsi di formazione per insegnanti intitolati Il clown didattico che ha lo scopo di far conoscere gli strumenti tipici del teatro e del circo per poterli utilizzare nell’insegnamento; la seconda è la gamification, una strategia di insegnamento e di apprendimento che prende spunto dai videogiochi ed è indirizzata verso la metodologia Playthink, termine che deriva dalla fusione delle parole giocare e pensare. È la capacità di uscire dagli schemi e ragionare diversamente in maniera creativa. Uno strumento proposto, che può rendere un po’ più vivace una lezione, è per esempio Kahoot, un’applicazione gratuita che permette di costruire quiz interattivi a risposta multipla da proporre in classe.
Referenze iconografiche: Sabphoto/Shutterstock, ImageFlow/Shutterstock, Sergei Dmitrienko/Shutterstock, Cartoon Resource/Shutterstock