Dall’ottobre 2023 si è in parte riacceso il conflitto tra l’esercito israeliano e il gruppo islamico sciita libanese Hezbollah, che appoggia Hamas e che a sua volta è sostenuto dall’Iran. Nel corso del 2024 si sono intensificati i lanci di razzi e missili dal Sud del Libano al Nord di Israele e viceversa, con decine di morti su entrambi i fronti.
Nel settembre 2024 la situazione è precipitata: il governo di Israele ha deciso di aumentare il livello dello scontro cercando di eliminare quanti più membri possibile di Hezbollah. Ciò è avvenuto in tre modi:
Gli scontri sono proseguiti e a novembre l’esercito di Israele ha bombardato anche il nord del Libano.
Finalmente il 26 novembre c’è stato l’accordo per un cessate il fuoco di due mesi. La tregua è fragile, ma sembra reggere.
Il bilancio del conflitto è drammatico: moltissimi civili libanesi – circa 1,2 milioni – hanno dovuto abbandonare le loro case e le vittime sono state più di 3400.
L’estendersi degli scontri non si è limitato al Libano.
Nella Striscia di Gaza, dopo più di un anno di guerra, la situazione è sempre più angosciante. Gli sfollati (cioè le persone che hanno dovuto abbandonare la loro casa) sono la stragrande maggioranza e vivono in accampamenti di tende o baracche.
Con le basse temperature dell’inverno le condizioni di vita sono ancora più dure: almeno sei sono stati i neonati morti per il freddo e la notizia ha commosso il mondo. Secondo l’ONU, a circa un milione di abitanti della Striscia mancano coperte e ripari dalla pioggia. Gli aiuti umanitari, però, come già nei mesi precedenti, hanno enormi difficoltà ad arrivare.
L’unica notizia positiva è che i casi di poliomielite individuati nell’estate sono stati contenuti grazie ai vaccini: a settembre c’è stato il primo ciclo di vaccinazione; il secondo si è svolto a novembre, con qualche settimana di ritardo per le operazioni militari in corso.
A parte le brevissime pause per le vaccinazioni, nel 2024 il conflitto non ha mai abbandonato la Striscia di Gaza. Il 26 ottobre 2024 il capo di Hamas Yahya Sinwar, principale organizzatore degli attentati del 7 ottobre 2023 nel sud di Israele, è stato ucciso, ma la sua organizzazione non si è arresa. L’esercito israeliano, dopo l’invasione, ha ripreso a bombardare la parte settentrionale della Striscia di Gaza, abbattendo molti edifici, probabilmente per impedire agli abitanti di tornare a vivere in quella zona.
Si stima che dall’ottobre 2023 al dicembre 2024 siano stati uccisi circa 46 000 palestinesi (ma alcune fonti indicano numeri ancora più alti).
Solo all’inizio del 2025 si è tornato a parlare di un «cessate il fuoco». Il 4 gennaio sono ripresi i negoziati per una tregua tra Israele e Hamas, con la mediazione di diplomatici degli Stati Uniti e del Qatar. In un paio di settimane è stato finalmente trovato un accordo: Hamas si è impegnata a liberare 33 ostaggi (in totale ne ha ancora 98); e il governo di Israele ha accettato di permettere l’ingresso di più aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, di ritirare gradualmente l’esercito e di rilasciare alcune centinaia di prigionieri palestinesi, detenuti nelle carceri israeliane. Domenica 19 gennaio 2025 è cominciata la tregua.
Intanto proseguono i negoziati per giungere al rilascio di tutti gli ostaggi israeliani e al ritiro completo delle truppe dalla Striscia. Il rischio che la guerra riprenda è però ancora alto. Questa area geografica è attraversata da tensioni e cambiamenti che rendono complesso immaginare il futuro.
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