Negli ultimi mesi si sono moltiplicate notizie di stampa dedicate alla Plusdotazione - o Giftedness. Il tema è stato particolarmente presente nei siti dedicati alla scuola, per iniziativa soprattutto di singoli ricercatori e psicologi impegnati nel campo assieme alle associazioni di genitori. Ma anche la stampa generalista gli sta dando ampio spazio, diffondendosi sulle caratteristiche di questi alunni, sulle loro difficoltà ad adattarsi alla normale vita scolastica, ma anche su casi di successo di accelerazione dei percorsi scolastici.
Il compito più importante di un Dirigente Scolastico è individuare e realizzare le scelte strategiche che contano. Dunque perché la Plusdotazione dovrebbe essere un tema su cui impegnare la propria scuola in modo responsabilmente prospettico?
Fra gli orientamenti delle opinioni pubbliche e dei governi in proposito si possono distinguere due tendenze principali.
La prima è di carattere pedagogico e viene autorevolmente definita nei Rapporti UE e OCSE come “umanistica” e “olistica”, perché sottolinea il necessario rispetto dei diritti dei plusdotati al dispiegamento del loro pieno potenziale come individui. È la tendenza largamente prevalente nell’Europa Occidentale, dove l’attenzione alla plusdotazione è stata vista a lungo con diffidenza come motivo di elitismo, mancanza di equità, discriminazione. La soluzione è stata trovata con la collocazione della plusdotazione all’interno delle politiche per gli Special Education Needs (SEN), e nei vari Paesi sono in corso significative innovazioni in proposito.
L’altra tendenza ritiene che i risultati dei plusdotati possano essere molto positivi per le società in cui vivono, perché sono innovatori e creatori di sapere e perciò in grado di dare un contributo allo sviluppo dei rispettivi Paesi “sproporzionato” rispetto a quello degli altri studenti. È l’impostazione fin qui prevalente nell’Asia Orientale e in alcuni Paesi dell’Est Europa ex comunista, che necessitano di sviluppo.
Ambedue gli orientamenti possono essere oggetto di interesse e di attenzione da parte di un Dirigente scolastico per le strategie di sviluppo dell’istituto di cui è responsabile: è una questione di tutela dei diritti di questo tipo di studenti, ma c’è in gioco anche un supporto allo sviluppo della società italiana, che deve poter attingere a tutte le potenzialità dei suoi giovani. La scelta di impegnarsi in questa direzione potrà dunque contribuire a delineare per la scuola un profilo più completo e orientato verso il futuro.
Il concetto di Gifted, plusdotato, nasce all’inizio del XX secolo nell’ambito della psicologia anglosassone ed è strettamente legato a un’idea e a una definizione di intelligenza come decisamente logico-cognitiva. Oggi si tende invece ad ampliare l’idea di intelligenza in una direzione “multicategoriale”, come la confluenza di molteplici processi: abilità sopra la media, ma anche motivazione al compito, creatività intesa anche come pensiero divergente, empatia. Talenti insomma non strettamente cognitivi, il cui potenziale deve essere valorizzato. E di conseguenza viene sottolineata l’importanza della creazione di opportunità e la centralità del supporto.
Direttamente connessa con la più recente concezione ampia della plusdotazione è la modalità dell’individuazione dei soggetti plusdotati. Oggi lo screening iniziale tiene conto, con pesi diversi, dell’identificazione dei pari, dell’autoindicazione e soprattutto dell’indicazione dei genitori. La conferma poi di tale individuazione viene affidata a test di abilità sulla base della performance scolastica e dell’indicazione degli insegnanti. Le metodologie di individuazione sono diverse e portano anche a percentuali diverse di soggetti plusdotati, che variano dal 10 all’1-3% sul totale della popolazione scolastica.
Per il supporto dei soggetti plusdotati vengono messe in campo in ambito scolastico tre principali tipologie di interventi: Accelerazione, Differenziazione/Raggruppamento, Arricchimento.
Il Raggruppamento e l’Arricchimento sono le soluzioni preferite in Europa – in misura doppia rispetto a quelle di Anticipazione – e sembrano aver dato ottimi risultati.
Un problema cruciale è il rapporto dei plusdotati con l’ambiente scolastico, che ha a che fare con il loro benessere psicoaffettivo.
Secondo alcune ricerche e testimonianze questi soggetti rischiano di vivere un profondo spaesamento, e conseguente scarsa integrazione, a causa della diversità dei propri bisogni rispetto a quelli degli altri. Soprattutto nel corso della scuola primaria, essi pongono continuamente domande, valutano e giudicano esplicitamente elementi dell’ambiente fisico e sociale in modo non conforme. Inoltre spesso manifestano forte intensità, impazienza, sensitività, attività ipermotoria e sovraimmaginazione. I problemi emergono soprattutto nella Scuola primaria a causa dei tempi sfasati di apprendimento rispetto a quelli dei coetanei e della conseguente mancanza di stimoli; più tardi solitamente i plusdotati tendono a comprendere meglio la situazione e spesso ad adattarvisi, almeno apparentemente.
In generale anche i loro risultati scolastici non vanno dati per scontati. Certamente è una convinzione errata quella – molto diffusa nelle scuole – secondo la quale, visto il loro potenziale, non avrebbero bisogno di supporto. I pareri espressi negli studi condotti sono diversi: secondo alcuni, proprio per le loro caratteristiche personali particolari, i plusdotati tendono a ottenere risultati scolastici mediocri o addirittura di essere a rischio drop out. Secondo altri invece essi raggiungono effettivamente buoni risultati, ma senza necessariamente raggiungere i massimi livelli di prestazione.
Per il supporto adeguato a questi studenti e studentesse l’atteggiamento e il ruolo dei docenti sono decisivi. Finora però, mentre si registra attivismo fra i genitori e desiderio di approfondimento da parte del mondo accademico, il mondo degli insegnanti – comprese le associazioni e i sindacati – sembra non mostrare interesse, quando non esprime diffidenza o aperta ostilità.
Una prima spiegazione di questo è forse legata al fatto che è carente e incerta – anche a livello internazionale – la presenza del tema nella loro formazione, sia iniziale sia in servizio, laddove invece sarebbe cruciale, trattandosi di un terreno nuovo e problematico.
Ma forse la difficoltà ad articolare adeguatamente l’insegnamento nei confronti dei plusdotati è anche accentuata dal contesto generale del sistema scolastico. Negli ultimi decenni infatti la scuola ha puntato, giustamente, alla creazione di una cultura di base comune, dedicando grande attenzione all’inclusione e all’accudimento dei settori più deboli degli allievi; ma questo rischia di generare un disagio verso la richiesta di attenzioni nei confronti dei plusdotati, che facilmente vengono considerate pretese individualistiche. Molti sono contrari addirittura all’identificazione della plusdotazione, considerandola una forma di etichettamento. Altri poi sono convinti che questo tipo di studenti dovrebbe semplicemente imparare per proprio conto e adattarsi ai sistemi scolastici normali.
Nonostante ciò iniziano a diffondersi sperimentazioni di attività da parte di singoli insegnanti o anche di scuole, sostenute e patrocinate da centri esterni attivi di genitori o ricercatori e accademici.
Anche il mentoring nei casi di plusdotazione sarebbe importante: le ricerche insegnano che è frequente un alto livello di ansietà e di perdita di confidenza in sé stessi per il timore di non essere all’altezza delle aspettative, un atteggiamento dovuto a un perfezionismo che impedisce di vedere orizzonti di contesto realistici.
L’Italia è assente su questo campo da tutti i report internazionali UE e OCSE e anche da quelli della European Council High Ability (ECHA).
Quali gli elementi di sistema presenti nel nostro Paese? I più diffusi sono l’anticipazione della frequenza della Primaria, l’accesso all’Esame di Stato per promossi al quarto anno della scuola secondaria di secondo grado con una media dei voti alta, i vari concorsi indetti per le studentesse e gli studenti degli ultimi anni delle secondarie di secondo grado, soprattutto su temi che potrebbero essere considerati come un incoraggiamento all’eccellenza; di converso, troviamo scarsissime attività aggiuntive per l’eccellenza nella vita quotidiana delle scuole, come è testimoniato dai report realizzati dall’Invalsi per il Sistema Nazionale di Valutazione.
È evidente che mancano un quadro teorico e una sistematizzazione degli interventi, per un tema che appunto fatica ad affermarsi.
Sul territorio nazionale sono attivi centri di derivazione e insediamento accademico, che propongono consulenza a singoli, famiglie, associazioni di genitori e ONG e che organizzano attività per questo tipo di bambini/e e ragazzi/e.
Nel frattempo, tra 2018 e 2019 un Comitato tecnico-scientifico istituito dal Ministero ha redatto delle Linee guida, sull’esempio di altri Paesi.
E nell’ottobre 2022 è stato presentato in Senato, presso la Commissione Cultura, il disegno di legge a firma Zanettin e Sbrollini “Disposizioni per il riconoscimento degli alunni con alto potenziale cognitivo”, che prevede norme finalizzate a dare indicazioni per il loro riconoscimento, per la formazione degli insegnanti, per le varie misure didattiche realizzabili e per l’introduzione nelle scuole di un referente sul tema.
È inoltre in partenza la sperimentazione “Talento in Azione” promossa da ADI (Associazione Docenti e Dirigenti Italiani) con il coinvolgimento di 12 scuole lombarde del Primo ciclo. Si tratta di uno studio pilota per creare un modello di gestione nella normale pratica didattica di studenti “a modello cognitivo forte” (CSF), per il loro riconoscimento da parte degli insegnanti e la loro valorizzazione all’interno del percorso scolastico, sul modello di esperienze europee.
Sarebbe auspicabile che si arrivasse in breve tempo anche nel nostro Paese a indirizzi più solidi, che incoraggino e orientino l’attività delle scuole e organizzino formazioni specifiche degli insegnanti, sia in entrata sia in servizio. L’attività dei Dirigenti scolastici e delle loro scuole può dare in questa direzione un impulso determinante.
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