La pandemia ha costretto studenti, famiglie, docenti e dirigenti ad attivare risorse nuove, tra cui soprattutto la flessibilità nell’adattarsi al continuo stato di incertezza, la gestione di condizioni fortemente stressogene e l’esperienza di condivisione della responsabilità collettiva in tema di salute, intesa come costrutto bio-psico-sociale. Affinché queste fatiche non siano inutili e anzi su esse si possa rifondare una “nuova normalità”, è necessario, ora più che mai, aprirsi a una nuova visione dell’esperienza scolastica, che ponga la salute e il benessere al centro dell’attenzione di tutti gli attori coinvolti nella comunità.
Secondo l’OMS, il benessere psicologico è «quello stato nel quale l’individuo è in grado di sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali per rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, adattandosi costruttivamente alle condizioni esterne e ai conflitti interni».
Da anni l’OMS indica una drammatica crescita dei disturbi del neurosviluppo, della depressione precoce, i disturbi dell’umore, la disregolazione emotiva e comportamentale dei giovani. Su questo disagio giovanile si sono innescate criticità recenti come l’isolamento e il ritiro sociale, l’aumento di ansia e depressione e i disturbi alimentari: in sintesi una inefficace gestione dello stress, che induce azioni afinalistiche o impulsive, apatia, crisi di senso.
In una visione olistica il benessere degli alunni deve anzitutto essere ricondotto al benessere dell’intera comunità scolastica, a partire dagli insegnanti. Come ha recentemente ribadito il Consiglio Europeo: «The wellbeing of teachers and trainers influences their job satisfaction and enthusiasm for their work and has an impact on the attractiveness of their profession, and subsequently on their retention in the profession. It is an important factor in quality and performance, correlating with their own motivation and with the motivation and achievements of their learners. Member States are, therefore, invited to consider the well-being of teachers and their resilience as a key policy area» (Eurydice Report, Teachers in Europe, 2021).
Tra le criticità che più affliggono i docenti vanno menzionate le problematiche relative a diversi fattori:
Inoltre, la pandemia ha accentuato l’isolamento, la percezione della sproporzione tra le richieste ambientali e le risorse individuali, la difficoltà a gestire i confini tra lavoro e vita privata. A sua volta la DAD ha abbassato la qualità dei rapporti interpersonali e del clima di classe, determinando il rischio di un’eccessiva enfasi sull’apprendimento a discapito del benessere del singolo e delle relazioni. L’insegnante in burn-out fa ricorso all’evitamento e al controllo come difesa dalle emozioni dolorose, si sente distaccato dagli studenti e dai colleghi, perde il suo senso di appartenenza alla comunità educante, e viene quindi meno l’adesione al set di valori che avevano guidato la scelta della sua professione.
Fortunatamente le normative degli ultimi anni hanno iniziato a occuparsi del benessere del personale scolastico, a partire dalla Direttiva quadro europea 89/391 CEE sulla sicurezza e la salute dei lavoratori e dalla cosiddetta “Direttiva benessere” del 24 marzo 2004, che ha introdotto tra gli obiettivi da raggiungere il miglioramento della qualità della vita lavorativa dei dipendenti attraverso la valorizzazione delle risorse umane, l’aumento della motivazione e del loro senso di appartenenza e di soddisfazione, la diffusione della cultura della partecipazione anziché quella dell’adempimento. In seguito, il D. Lgs. 50/2009, art. 14, ha previsto che l’OIV (Organismo Indipendente di Valutazione della performance) realizzi ogni anno indagini sul personale dipendente per rilevarne il livello di benessere organizzativo, e infine il CCNL 2016-2018, art. 22, ha insistito sull’individuazione delle misure di prevenzione dello stress lavoro correlato e di fenomeni di burn-out.
Ma a fronte di questi aspetti normativi sorge spontaneo porsi alcune domande: quali interventi per la prevenzione dello stress lavoro correlato sono inseriti nel Documento di valutazione dei Rischi, che l’istituzione scolastica deve redigere per legge? In quante scuole il dirigente, insieme al RLS e al RSPP, svolge una sistematica ricognizione del livello di benessere dei docenti e del personale ATA? In che modo è stato messo in atto il Protocollo d’intesa tra Ministero dell’Istruzione e CNOP per il supporto psicologico nelle Istituzioni scolastiche (settembre 2020)?
Ciò che serve, ma risulta ancora assente, è allora un vero e proprio framework di riferimento su cui fondare una visione organica di scuola, che intenda promuovere il benessere e prevenire il malessere degli studenti ma anche dei loro insegnanti, le cui condizioni psicologiche e capacità relazionali impattano profondamente sull’esperienza scolastica individuale e del gruppo classe. Infatti, la psicopedagogia e le neuroscienze indicano che l’eccessiva enfasi sull’assimilazione di informazioni e sulla prestazione cognitiva deve lasciare il posto a una visione olistica dell’apprendimento, che integri all’intelligere l’imprescindibile ruolo del sentire – nel senso di variabili emotive e sociali. Una “cognizione calda” in cui il benessere psicologico contribuisce al successo nella formazione scolastica dei giovani, diminuisce i comportamenti rischiosi e migliora la salute fisica in età adulta (Hoyt et al., 2012). La motivazione, l’impegno nell’apprendimento e il comportamento prosociale concorrono infatti a migliorare il sentimento di appartenenza alla classe.
In risposta a questa esigenza il modello dell’Educazione Positiva Integrata (o modello EPI), illustrato nel volume Cristofolini F., Gaggioli A., La felicità si impara (anche) a scuola, Pearson 2021, propone un approccio strutturato e coerente, frutto di approfonditi studi della letteratura – prendendo le mosse dalla tradizione psicopedagogica, a partire dalla Psicologia Umanistica, l’Educazione Emotiva, l’Educazione Socio-Affettiva, il Social and Emotional Learning – e dell’esperienza didattica, clinica e formativa.
Questo approccio unisce tre componenti teoriche.
1. Educazione Positiva
L’Educazione Positiva è un approccio fondato sulla Psicologia Positiva (o PP), la recente scienza psicologica che nasce come studio dei fattori che promuovono la felicità e il benessere psicologico, differenziandosi da una visione esclusivamente centrata sui deficit e gli aspetti disfunzionali, per approfondire le risorse e le potenzialità dell’essere umano. La Psicologia Positiva ha una forte vocazione applicativa, in quanto genera interventi di promozione del benessere che poi vanno testati attraverso metodologie scientifiche rigorose. L’Educazione Positiva mira a trovare una risposta al preoccupante aumento del disagio psicologico nei contesti scolastici e combina i principi della Psicologia Positiva con le migliori pratiche educative, al fine di promuovere lo sviluppo e il funzionamento ottimale nei contesti scolastici. Introdotta nel 2009 da Martin Seligman e colleghi (Seligman et al., 2009), è descritta come «l’educazione alle competenze tradizionali e alla felicità», in quanto integra lo sviluppo delle competenze accademiche con quelle di benessere psicologico al fine di facilitare il raggiungimento degli obiettivi posti da entrambi.
2. Acceptance and Commitment Therapy
All’Educazione Positiva, abbiamo integrato un altro grande recente movimento psicologico, in grado di completare e potenziare l’impatto sul benessere: la ACT, Acceptance and Commitment Therapy (Hayes, 2004) e la sua applicazione in ambito non clinico, ossia l’Acceptance and Commitment Training, recentemente applicato all’apprendimento da alcuni autori (Howell e Passmore, 2019). Entrambi questi approcci condividono il focus sulle forze psicologiche, su ciò che più conta nella vita, e mirano a promuovere il benessere umano (Kashadan e Ciarrochi, 2013). Entrambi si rivolgono ai clinici ma anche ai professionisti dell’istruzione, dell’educazione e al mondo del business. Recenti ricerche hanno confermato l’efficacia di questa integrazione tra PP e ACT soprattutto per i giovani (Halliburton e Cooper, 2015; Livheim et al., 2014; Merry et al., 2011; Wicksell et al., 2009).
3. Compassion Focused Therapy
Il terzo apporto proviene dalla Compassion Focused Therapy (Glibert, 2010) che guida a sviluppare un atteggiamento benevolo verso sé stessi e gli altri e risulta particolarmente efficace nella prevenzione dell’ipercriticismo e del rimuginio perfezionistico, riconosciuto come una delle componenti più faticose del burn-out. Praticare l’autocompassione genera sentimenti di sollievo, sicurezza, serenità, in quanto disattiva i sistemi cerebrali dell’allerta e della minaccia, e attiva invece quelli della sicurezza e dell’accettazione. Quando riceviamo comprensione e gentilezza dagli altri (in contrasto con le critiche e l’umiliazione) ci sentiamo molto più sereni, sicuri e sollevati, e possiamo poi generare un’attenzione empatica di sostegno e apprezzamento su noi stessi.
Nel modello EPI, il benessere è concettualizzato come forza flessibile e positiva che si fonda sul sapersi adattare di volta in volta alle sfide e alle circostanze della vita, mettendo in campo le forze distintive del proprio carattere (come l’apprezzamento della bellezza, la perseveranza, il teamworking, la curiosità ecc.), potenziando il Capitale Psicologico Positivo (ottimismo, autoefficacia, resilienza, speranza), un fattore predittivo del benessere soggettivo e del successo scolastico degli studenti, nonché di una varietà di altri costrutti della Psicologia Positiva, come la soddisfazione di vita e una vita “fiorente”, secondo la definizione di Martin Seligman (Finch et al., 2020), alla ricerca di emozioni positive (come la gratitudine, l’amore, l’interesse, l’appagamento, la gioia, la contentezza “nonostante tutto”). La capacità di accogliere le emozioni difficili, come l’ansia, e di gestirle senza ricorrere a infruttuose scorciatoie come l’evitamento, integrano il modello con una visione accettante delle fatiche inerenti alla condizione umana. I valori prosociali della gratitudine, della gentilezza e del reciproco apprezzamento – utili per vivere relazioni positive – costituiscono parte integrante del set valoriale su cui si fonda la resilienza allo stress e l’energia per un’azione impegnata nella direzione dei propri significati e obiettivi.
Affrontiamo tutti questi aspetti nel volume La felicità si impara (anche) a scuola (Pearson 2021) e, per ciascun contenuto, proponiamo una sintesi della ricerca psicologica degli ultimi dieci anni e un set di strategie e tecniche per consentire sia il self-empowerment dei docenti sia l’empowerment degli alunni.
Per implementare l’effetto che il framework può avere, l’ideale sarebbe estenderne l’applicazione all’intero sistema-scuola, attraverso una sequenza procedurale di questo tipo:
Per quanto riguarda la formazione degli adulti (punto 4) e poi l’introduzione della EPI nel curriculum (punto 5), il modello prevede tre modalità formative, che abbiamo individuato anche sulla base di programmi pioneristici di Educazione Positiva realizzati in altre nazioni negli ultimi anni, in particolare quello impartito presso la Geelong Grammar School di Melbourne, in Australia.
Referenze iconografiche: Antonio Guillem / Shutterstock