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Quel fanalino di coda del Novecento

Scritto da Giuseppe Langella | mar 19, 2023

Tra i detti memorabili di un celebre filologo si tramanda questa inoppugnabile sentenza, pronunciata, non senza enfasi, durante la prolusione a un corso universitario, a una folta platea di matricole, neanche avessero davanti una montagna da scalare: «La letteratura italiana è lunga, è lunga! E difficile!» 

In effetti, la nostra straordinaria tradizione letteraria, gloriosa ed esuberante, pesa come un macigno sulla programmazione didattica, a scapito del Novecento, cui si arriva sempre col fiatone, a tempo quasi scaduto. Il problema è cronico (figuratevi che si avvertiva già quando io sedevo ancora sui banchi di un liceo!) e anzi, col passare degli anni, si è fatto perfino più grave, perché la striscia della letteratura contemporanea si è andata via via allungando, mentre i programmi, nonostante gli stimoli legislativi, invero timidi e insufficienti, e il notevole aggiornamento della manualistica, in moltissimi casi (a quel che leggo e sento) hanno sostanzialmente segnato il passo.

Ma non è colpa del Novecento, se ha avuto la disgrazia di trovarsi in fondo a un convoglio interminabile di secoli letterari, né si vede perché debba essere declassato, per motivi unicamente cronologici, a fanalino di coda che, se c’è, bene, se non c’è, pazienza. Non riservare al Novecento uno spazio adeguato nei programmi d’Italiano delle superiori è fare un pessimo servizio alla cultura e alla formazione umana e civile delle nuove generazioni, negando loro l’opportunità di attingere a un patrimonio letterario ricco di opere e autori di prima grandezza come nessun altro dei secoli precedenti e, quel che è peggio, privandole della possibilità di prendere coscienza della condizione dell’uomo contemporaneo e dei problemi e delle sfide del mondo d’oggi.

Bisogna, quindi, introdurre nella pratica didattica degli energici correttivi, anche per combattere l’altrimenti progressivo, irreversibile, logoramento del prestigio di cui ha sempre goduto, in ogni ordine di scuola, l’insegnante di Lettere, proprio per l’incomparabile spendibilità dei testi letterari sul piano formativo. 

Dare spazio alla letteratura del Novecento. Come? 

Ma come riuscire a dedicare alla letteratura del Novecento l’attenzione che merita, dovendo fare i conti coi limiti oggettivi dell’orario scolastico, nel quale entrano, come ben sappiamo, le verifiche, le interrogazioni, i progetti, le gite, le settimane di autogestione e mille altre attività collaterali?

Una soluzione estrema, prospettata da qualcuno, sarebbe la completa eliminazione, dalla didattica della letteratura, dell’impianto storico-cronologico. La letteratura verrebbe propinata, secondo questa ipotesi di lavoro, in forma monografica, per medaglioni, limitando il campo, con una certa libertà di scelta, a poche opere più o meno canoniche, da leggere più distesamente, o comunque non in maniera rapsodica come si fa di solito, per necessità. L’ipotesi, senza dubbio, è allettante, perché alleggerirebbe il carico di molta zavorra, ma non è priva di controindicazioni, in quanto i testi letterari non sono bolle di sapone che vagano nell’aria o barchette isolate nell’oceano, ma sono profondamente radicati nel tempo e nello spazio in cui hanno preso corpo e sostanza. Prescindendo, perciò, dal contesto in cui sono nati, si rischia di non coglierne più la storicità, perdendo di vista anche i valori collegati di tradizione e di civiltà: prezzi, forse, troppo alti da pagare in un quadro socio-culturale fortemente omologante, caratterizzato da una pericolosa cancellazione della memoria e dalla difficoltà crescente di elaborare un pensiero critico, di accettare la normale dialettica, di confrontarsi col diverso.

Ciò non toglie, tuttavia, che si possa far tesoro, cum grano salis, di almeno due ottimi suggerimenti, insiti in questa prospettiva: anzitutto, concentrarsi sugli autori maggiori, lasciando sullo sfondo (ovvero sfrondando energicamente, o liquidando in fretta, o perfino saltando a piè pari) minori e minimi; e in secondo luogo ritagliarsi, per esempio ogni mese, degli spazi orari (possibilmente ravvicinati) di lettura di testi novecenteschi, al di fuori del solco cronologico. È del tutto evidente che i due accorgimenti sono strettamente correlati: se, infatti, non si interviene con la mannaia sul programma, la lettura anticipata di opere del Novecento resterà un lusso impraticabile, un sogno chiuso nel cassetto.

In attesa di una nuova articolazione dei programmi ministeriali…

Mi riservo di tornare fra poco sulle modalità più opportune di pianificazione e impostazione di queste periodiche anticipazioni. Prima, tuttavia, bisogna affrontare una questione cruciale, rispetto alla quale ogni potatura del programma rischia di essere soltanto un palliativo, un provvedimento necessario ma insufficiente. Per dare davvero alla letteratura del Novecento lo spazio che merita, l’unica soluzione strutturale consiste nel riservargli l’intero anno della maturità; altrimenti continueremo a girare intorno al problema con un senso frustrante di impotenza. Ma per riservare un anno intero al Novecento, stante la lunghezza e la vastità della tradizione letteraria italiana di cui si diceva all’inizio, non c’è che un modo, se non si vuole rinunciare all’impianto cronologico: spalmare l’insegnamento della storia letteraria su quattro anni. 

Le Indicazioni nazionali per i nuovi licei hanno dato un timido segnale di apertura in questa direzione, anticipando al secondo semestre del secondo anno lo studio delle origini, Stilnovismo escluso. Poca cosa rispetto alle necessità, ma è stato pur sempre un primo passo significativo. Occorre, però, proseguire con più coraggio sulla strada intrapresa, ripensando completamente le linee guida del primo biennio (anche in rapporto ai programmi della scuola media) e dando una scansione cronologica più ariosa all’attraversamento storico della letteratura italiana. Semplificando al massimo, avanzo questa proposta: Duecento-Trecento in seconda, Quattrocento-Settecento in terza, Ottocento in quarta, Novecento in quinta.

…possiamo cominciare una riforma dal basso, nelle scuole

Va da sé che questa revisione dei contenuti disciplinari e della loro articolazione nell’arco del quinquennio andrebbe discussa e approvata in sede ministeriale e sono abbastanza fiducioso che prima o poi ci arriveremo. Ma intanto, nulla impedisce che la riforma parta dal basso, che venga introdotta nelle singole scuole, almeno in via sperimentale, dalla volontà concorde dei dipartimenti di Italiano. Capite bene che avere un anno a disposizione tutto per il Novecento darebbe una soluzione finalmente risolutiva all’annoso problema intorno a cui ci stiamo, con poco frutto, affaticando. Non vi nascondo che mi piacerebbe aprire un forum su questa proposta, anche per poterla articolare più in dettaglio. In ogni caso, mi metto fin d’ora a disposizione se in fase di progettazione mi si volesse chiedere un parere o una consulenza. Vi chiedo solo di prendere in seria considerazione la mia ipotesi, vincendo le esitazioni inerziali che scattano davanti a ogni riforma. Vedrete che, una volta entrati nell’ordine di idee di diluire in quattro anni l’insegnamento storico della letteratura, verrà tutto più facile.

 “Caffè letterario”: assaggi precoci di Novecento

Intanto, nei prossimi numeri di “Folio.net” proverò a darvi qualche suggerimento per inserire nel programma d’Italiano le periodiche letture anticipate di opere canoniche del Novecento cui ho prima accennato. Le immagino come una sorta di “Caffè letterario”, quindi più a ruota libera rispetto alla normale lezione in cui l’insegnante “spiega” un testo. Si dovrebbe favorire, nel “Caffè letterario”, un approccio più diretto e personale, ancorché inevitabilmente soggettivo e impressionistico, che del resto è quel che succede normalmente quando apriamo un libro e cominciamo a leggere mossi soltanto dalla curiosità di tuffarci in una storia. 

  1. Basterà perciò che l’insegnante, in via preliminare, dia qualche informazione sommaria sull’autore e sull’opera in questione, per inquadrarli e per collegarli a quel che si sta facendo in quel momento, e che orienti l’attenzione della classe sui contenuti del testo da affrontare successivamente in sede di discussione.
  2. Egli avrà poi l’accortezza (ma mi rendo conto di dire cose assolutamente ovvie) di scegliere ogni volta dei testi capaci di stimolare una riflessione immediata e a più voci su temi di un certo rilievo, in modo che possa nascerne un dibattito franco e vivace. Questo a me pare, fra l’altro, il modo più efficace non solo per fare delle ragazze e dei ragazzi che ci sono affidati dei soggetti pensanti, ma anche per aiutarli a comprendere il valore della letteratura e la sua importanza per la loro crescita integrale.
  3. Il lavoro sullo specifico letterario dei testi, vale a dire sulla loro veste formale, lo lascerei in coda alla discussione e senza la pretesa di eseguire un’analisi testuale completa. In questa fase, il ruolo dell’insegnante potrebbe essere quello di sollecitare l’osservazione di qualche aspetto che balza all’occhio o perché peculiare dell’opera in questione, o perché si discosta visibilmente dai testi del periodo storico che si sta affrontando ed è quindi verosimilmente riconducibile al quadro letterario del Novecento.
  4. Per favorire il confronto e l’esame contrastivo, è bene che la scelta dell’opera novecentesca cada su un testo che consenta almeno un aggancio (tematico, topico o di genere) con l’autore della tradizione (il classico) che si sta trattando.

Quando e come assegnare la lettura di opere del Novecento?

Un’ultima considerazione, prima di chiudere. So che parecchi insegnanti, a corto di risorse, assegnano alle classi la lettura integrale di opere (soprattutto romanzi) del Novecento come compiti per le vacanze. L’intenzione è indubbiamente lodevole, ma sull’efficacia di questo sistema ho motivo di dubitare. Mi guardo bene, naturalmente, dal generalizzare, ma nessuno ignora la crescente disaffezione delle nuove generazioni dalla pratica della lettura, tanto più durante le lunghe vacanze estive, piene di ben altre attrattive. Mi consta, purtroppo, che non di rado, invece di leggere le opere, ci si riduce, pochi giorni prima della riapertura dell’anno scolastico, a dare una scorsa ai riassunti già pronti che si trovano in rete, tanto per avere un’infarinatura della trama e dei personaggi, caso mai venisse in mente al prof. o alla prof. di fare qualche domanda indiscreta…

Se proprio dobbiamo ricorrere alle letture domestiche, meglio collocarle, dunque, nei mesi di scuola e senza far mai passare troppo tempo fra l’assegnazione del compito e la verifica. Per renderle poi davvero fruttuose, sarà bene, anzitutto, preparare il terreno, fornendo in partenza le coordinate e le indispensabili chiavi d’interpretazione dell’opera di cui si richiede la lettura; abbandonati a sé stessi, infatti, i nostri ragazzi riuscirebbero a cavare ben poco dalla lettura di un’opera, e certamente non la gusterebbero, col risultato di allontanarsi ancora di più dal mondo dei libri. 

È inoltre indispensabile controllare che la lettura richiesta sia stata effettivamente fatta, altrimenti, sapendo che l’insegnante non si premurerà di accertarlo, è facile prevedere che i più non si daranno la pena di leggere. Occorre impedire, altresì, che qualcuno pensi di cavarsela e farla franca leggendo giusto qualche sintesi o riassuntino dell’opera. A questo scopo, occorre che la verifica sia puntuale, tale cioè che soltanto chi ha letto integralmente l’opera sia in grado di rispondere. Per rendere piacevole ed elettrizzante questo momento, funziona sempre il metodo della gara a eliminatorie, che premierà il lettore più attento, o del quiz a squadre, con prove predisposte dall’insegnante o anche affidate, in parte, ai gruppi contrapposti. Ovviamente, fatta la verifica, si passa alla discussione, secondo quanto si è già detto in proposito, perché a ogni opera resti attaccato il ricordo di qualche tema o questione importante.

Referenze iconografiche: Sergey Tinyakov/Shutterstock