Ma quanto c’è di vero negli allarmi lanciati da chi sospetta che i giovani non sappiano più argomentare? Un paio d’anni dopo l’articolo succitato, Lodoli, con un’altra acuta lettura dell’universo giovanile (La vita bassa a quindici anni, «la Repubblica», 18 ottobre 2004), in parte rettificava l’impressione emersa nel pezzo precedente, raccontando di una studentessa che con un ragionamento di «disperata lucidità» faceva a pezzi le convinzioni dell’insegnante. Le esperienze del prof. Lodoli, come ogni collega avrà potuto verificare in prima persona, rivelano piuttosto che molti giovani non percepiscono più la scuola come una risorsa decisiva per il loro ingresso nel mondo degli adulti. Da qui probabilmente deriva l’oscillazione, già rilevata, tra stordimento e lucidità.
Tuttavia queste considerazioni non devono far abbassare la guardia rispetto a spie linguistiche rivelatrici di un affievolirsi delle capacità deduttive degli studenti, come lo scarso ricorso al lessico astratto e alla costruzione ipotattica negli scritti. D’altra parte la scuola aiuta troppo e finisce per non agevolare la crescita delle capacità ragionative degli studenti. Si pensi ai “documenti” che accompagnano le consegne per la stesura dell’articolo di giornale e del saggio breve all’esame di Stato: un disincentivo a leggere, informarsi e prendere nota autonomamente perché nell’allegato si troverebbe tutto l’occorrente per confezionare un articolo o un saggio. Ritengo che non sia superfluo tener conto di queste e altre ragioni nel momento in cui si decida di affrontare in classe il testo argomentativo.
Per ciò che è stato detto finora, risulta necessario scegliere come modello da studiare un testo il cui contenuto intercetti immediatamente l’interesse degli studenti.
Pensando a un lavoro destinato a una classe di scuola secondaria di secondo grado – di biennio o di triennio – abbiamo selezionato un editoriale di Ernesto Galli della Loggia apparso sul «Corriere della Sera» il 3 febbraio 2014 e intitolato Il linguaggio dell’inciviltà: una denuncia del degrado morale e civile del nostro Paese, a partire dalla degenerazione del linguaggio osservata già tra i giovanissimi. L’applicazione di lavoro proposta consiste nell’identificazione degli elementi formali che costituiscono l’intelaiatura del testo: i coesivi (che riprendono alcune parti del brano), i connettivi (che congiungono varie parti del testo) e i segnali discorsivi (che uniscono porzioni più ampie rispetto agli altri connettivi). Lo scopo è quello di riconoscere i procedimenti formali posti al servizio dell’argomentazione, fino a una lettura che riesca a cogliere la strategia discorsiva usata nel testo. Leggiamo, in allegato, il testo dell’editoriale di Galli della Loggia.
In via preliminare andrebbero ricordate – e verificate nel brano esaminato – le condizioni fondamentali per qualsiasi testo: completezza del messaggio – nella fattispecie la decadenza morale e civile italiana – e coerenza. A questo proposito, qui la dispositio più convenzionale del testo argomentativo sembra coincidere con la paragrafatura: una premessa, da cui si evince che, per così dire, il fatto ha cercato il giornalista e non viceversa; lo svolgimento dell’ipotesi che il degrado del linguaggio sia la manifestazione di un generale imbarbarimento; l’esposizione della discussione sul declino delle istituzioni formative; l’enunciazione della tesi secondo la quale la rinuncia alle regole si è tradotta nell’imbarbarimento della società.
Ora possiamo tornare al traguardo prefissato, selezionando gli elementi formali più significativi per rimarcare i mezzi linguistici che rendono il testo coeso e formano l’intelaiatura dell’argomentazione.
In conclusione, l’analisi dei coesivi e dei segnali discorsivi consente di riconoscere le diverse sequenze argomentative e di rilevarne la consistenza in funzione della tesi principale.
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