A Scampia c’è la palestra (il dojo) di Gianni Maddaloni, dove si insegna uno sport, il judo, la “via della cedevolezza”, che è più di uno sport, è rispetto delle regole (quelle di Gianni, il sensei, un vero maestro di vita), e dei valori di un gruppo di giovani atleti che diventa una famiglia: il clan Maddaloni. Ma a Scampia ci sono anche le Vele e il Sistema, la camorra, che controlla il territorio in una continua sfida con le forze dell’ordine e arruola tutto e tutti, fornendo un lavoro, protezione e un codice di comportamento per chi si vede sconfitto ed escluso. Filippo frequenta ancora le scuole medie e rischia di rimanerci a lungo: il ragazzo non si impegna molto in classe, dato che lavora già nelle strade del quartiere per il clan del boss Toni Hollywood, del quale suo fratello Carmine è un esponente di punta e in grande ascesa. Fa la sentinella, con il suo scooter è sempre pronto a segnalare la presenza della polizia agli spacciatori e guadagna molti soldi così. La storia di Filippo, segnata fin dall'infanzia – con un padre (il Falco) in carcere, un fratello tanto inserito nel Sistema e una madre sempre con il mal di testa, inebetita davanti alla televisione – cambia grazie allo zio, che un giorno gli chiede di accompagnarlo alla palestra di Gianni Maddaloni. All'inizio a Filippo sembra ridicolo combattere su quel tatami, il tappeto, in “pigiama” (il judogi), ma ben presto la conoscenza di persone come Capri (un ragazzo disabile, esperto in capriole), Omero (abilissimo lottatore non vedente e studente di legge) e Habib (un ragazzo di colore agilissimo), l’affetto per Ginevra (che lui chiama Bellinzona) e le regole del clan lo mettono di fronte a una scelta, definitiva. Una lettera inaspettata del padre, la verità sullo zio, la vicinanza degli amici della palestra lo aiuteranno a fare la scelta giusta.
Un percorso di lettura
La storia è ispirata dalla grande esperienza educativa e sportiva di Gianni Maddaloni, padre del campione olimpionico di judo Pino Maddaloni: il contenuto educativo e civile è il tratto che accomuna questa storia con altre opere dello stesso Luigi Garlando, un autore davvero fortunato nell’ambito dell’editoria per ragazzi, in particolare con la famosissima collana “Gol”, dedicata alle avventure e alle partite di una squadra di giovani calciatori, le “Cipolline”. Ma i due romanzi che possono costituire un percorso unitario in continuità con ‘O Maé sono Per questo mi chiamo Giovanni e Mio papà scrive la guerra.
- Per questo mi chiamo Giovanni (Fabbri, 2004) – Giovanni è un ragazzino che sta per compiere dieci anni e vive a Palermo. Una mattina il papà non lo manda a scuola, ma lo porta con sé a fare un giro sul lungomare perché gli deve raccontare una storia, la storia di un uomo che ha perso la propria vita in nome della giustizia: Giovanni Falcone, un magistrato. A cui il ragazzino deve il proprio nome... Il padre spiega al figlio in modo semplice che cos’è la mafia e chi era stato Giovanni Falcone, che cosa hanno significato per la Sicilia e per l’Italia intera la sua figura e il suo operato. Scopriremo alla fine del romanzo che il padre ha subito le prepotenze della mafia ma ha saputo affrancarsene proprio grazie alla testimonianza di Falcone: e paga il suo debito di riconoscenza dando il nome del magistrato al proprio figlio, nato nello stesso giorno della strage di Capaci, il 23 maggio 1992, quando 500 chilogrammi di tritolo fecero esplodere la macchina blindata su cui il giudice viaggiava insieme alla moglie Francesca Morvillo e quella in cui si trovavano gli uomini della scorta. E il piccolo Giovanni imparerà da questo a fare la cosa giusta di fronte alle prepotenze dei bulli della scuola…
- Mio papà scrive la guerra (Piemme, 2005) – Ludovico Cerruti è un giornalista, uno di quelli che vanno dove si combatte, per raccontare a tutti che cos'è la guerra. Inviato speciale in Afghanistan, viene sequestrato mentre sta andando a Kabul insieme ad altri tre giornalisti. Tommaso è suo figlio e una sera, mentre cena con la mamma, sente al telegiornale che papà è stato rapito. Inizia così la storia di una lontananza, di una paura grande come la perdita di un genitore, di uno scambio di lettere tra padre e figlio. Il papà che scrive di nascosto dai terroristi su un taccuino quello che spera con tutto il cuore di far leggere al figlio, il figlio che ogni sera con la vecchia macchina da scrivere del papà gli indirizza lettere desiderando con tutto il cuore di poterlo riabbracciare.
Tre grandi temi per riflettere
I tre romanzi possono essere proposti alla lettura a partire dalla seconda classe della scuola secondaria di primo grado e suggeriscono almeno tre importanti temi di discussione e approfondimento, rilevanti anche per l’educazione civica e civile.
- Storie di padri (e famiglie) – Il tema della paternità e del rapporto con i genitori: Filippo ammira il padre, che però è in carcere, e trova un nuovo padre in Gianni – «’o Maé» – e una nuova proposta di vita nelle sue regole; nello stesso tempo però vive l’assenza della mamma, che ha perso sé stessa quando il papà è finito in carcere, e riceve dal fratello un modello di vita sbagliato. Il papà di Giovanni racconta una storia tanto importante per lui e per l’Italia intera. Il padre di Tommaso per il proprio lavoro è lontano dalla sua famiglia e in nome di esso rischia tutto, anche di non festeggiare mai più il Natale con il figlio. Chi sono i nostri veri genitori? A chi ci dobbiamo ispirare nella nostra crescita, nelle scelte di ogni giorno e in quelle grandi? Può essere nostro genitore anche chi dal punto di vista biologico non lo è? Quanto sono importanti i genitori, in particolare i padri, nel nostro venire in contatto con la realtà che ci circonda, con la Storia e le storie? Che cosa significa per noi il lavoro dei nostri genitori? Quanto pesa la lontananza, costretta per qualche ragione, di un padre o di una madre?
- Storie di attualità – L’attualità con le sue vicende più drammatiche e violente entra direttamente nella storia di un ragazzino: in O’ Maè e in Per questo mi chiamo Giovanni si tratta della criminalità organizzata, della camorra e della mafia, che spadroneggiano in quartieri interi, in città o zone del nostro territorio. Ma è davvero così? Scampia è la camorra? La Sicilia è la mafia? Che cosa sappiamo veramente di certi fatti? Che cosa significa crescere in una città, in un quartiere in cui almeno apparentemente la legge, le regole, non sono quelle dello stato, della società civile? Quali esperienze positive di legalità e di lotta alla criminalità organizzata conosciamo? Quali figure possono ispirare il nostro giudizio e il nostro impegno al riguardo? In Mio papà scrive la guerra il tema è la guerra in Afghanistan, che, benché uscita dai nostri telegiornali e dalle prime pagine dei quotidiani, è stata sostituita da altri conflitti, con il medesimo corollario di rapimenti di occidentali da parte di organizzazioni di terroristi fondamentalisti. Che cos'è il fondamentalismo? Che cos’è il terrorismo internazionale? Perché ci fa tanta paura? Che cosa significa rischiare tutto per il proprio lavoro, come Ludovico, ma anche come Giovanni Falcone?
- Storie di amici e scuola – Il gruppo degli amici e il mondo della scuola sono lo sfondo di tutte le storie, quella di Filippo, quella di Giovanni e quella di Tommaso. Fino a che punto ci si deve spingere per un’amicizia? Che cosa cerchiamo in un amico o in un’amica? Troviamo amici a scuola, oppure li cerchiamo solo fuori? Quale ruolo hanno i nostri insegnanti nella soluzione dei nostri problemi, nell'affrontare i piccoli e i grandi drammi della vita?
Referenze iconografiche: Francesco Pecorella / Alamy Stock Photo