I stay with one foot in the snow and one foot in the sand (“Sto con un piede nella neve e uno nella sabbia”), dice di sé Henning Mankell, lo scrittore svedese noto in tutto il mondo per i gialli che hanno come protagonista il commissario Wallander. Mankell allude alla sua doppia residenza, in Svezia e in Mozambico, dove dirige un teatro. Ma è una frase, questa, che si addice anche a Joel Gustafson, il giovane protagonista della tetralogia per ragazzi cominciata con Il cane che inseguiva le stelle, proseguita con Joel e le lettere d’amore, Il ragazzo che dormiva con la neve nel letto e infine Il ragazzo che voleva arrivare ai confini del mondo.
Nel terzo romanzo i sogni di Joel erano imparare a resistere al gelo e al caldo, vedere il mare per la prima volta, diventare il Re del Rock, spiare una donna nuda. Nell’ultima puntata della serie, Il ragazzo che voleva arrivare ai confini del mondo, è passato un anno: siamo nel 1960, in Svezia, Joel ha quindici anni, vive in una casa tra i boschi, sta per finire la scuola e si interroga sul suo futuro. Finalmente potrà trovare un lavoro e lasciare il piccolo paese dove è cresciuto, con le sue giornate tutte uguali, fredde e grigie. Accarezza il desiderio di diventare un marinaio, come lo era suo padre Samuel prima di fare il taglialegna. Anzi, gli piacerebbe imbarcarsi proprio con lui, per esplorare insieme i confini del mondo: ha immaginato tante volte questo viaggio, studiando le rotte su una vecchia carta nautica. Una lettera inattesa impone una meta diversa. Rivela un indirizzo di Stoccolma, dove abita la madre di Joel, che l’ha abbandonato quando era piccolo, e ora ha un’altra famiglia e un’altra vita. È giusto tornare da chi ci ha ferito? E fare domande che forse non possono avere risposta? In pochi giorni, la storia del protagonista prende una piega nuova. Il mare aspetta ancora Joel, che però dovrà affrontarlo da solo, su una nave da carico, come fecero prima di lui tanti giovani pieni di slancio e di sogni. Per scoprire che l’unico confine del mondo è quello che abbiamo noi stessi deciso, magari senza saperlo.
Il ragazzo che voleva arrivare ai confini del mondo è un romanzo di formazione. Ovvia, dunque, l’opportunità di includerlo in un percorso tematico (dall’infanzia all’adolescenza...) e “di genere”, per il quale non mancano gli esempi, anche di contenuto affine, come Ci sono bambini a zig zag, di David Grossman: anche qui un viaggio rocambolesco, una madre scomparsa in modo misterioso, un ragazzo che vuole saperne di più. Ma la storia di Mankell suggerisce altre possibilità, tra le quali proponiamo un lavoro sui racconti “di mare”, con varie aperture interdisciplinari.
Una proposta per la seconda e terza media
Dopo la lettura del romanzo, suggerita alla classe come compito mensile individuale, si organizza un lavoro destinato ai ragazzi del secondo o del terzo anno della scuola secondaria di primo grado. Il percorso, attraverso attività di lettura e scrittura, sviluppa prima di tutto le competenze testuali e comunicative, ma anche competenze traversali come lo spirito d’iniziativa, la collaborazione, la competenza digitale. Inoltre, alla realizzazione dei progetti creativi qui esposti, potranno collaborare le discipline di Arte, Geografia, Musica, con contributi specifici.
Per quanto riguarda i contenuti, il riferimento ai “racconti di mare” offre la possibilità di allargare la proposta formativa al tema del viaggio come ricerca e avventura, come “rito di passaggio”, come scoperta e consapevolezza di sé.
In allegato, si suggeriscono testi che integrano la lettura del romanzo di Mankell: quando tutti avranno incontrato la storia di Joel, ciascuno potrà scegliere tra questi un altro libro da leggere da solo e da condividere in seguito con i compagni, per la realizzazione degli oggetti culturali illustrati di seguito.
Per quanto riguarda l’organizzazione e il coordinamento degli alunni, le tre proposte implicano tre modi di lavoro diversi.
L’“iperlibro” è un progetto che orienta l’intera classe alla realizzazione di un solo prodotto comune e può impegnarla anche per un tempo piuttosto lungo. Sarà perciò molto importante definire da principio gli incarichi dei singoli alunni o dei piccoli gruppi: chi si occupa dei testi, chi delle immagini, della musica, del progetto grafico nel suo insieme. Alla fine, si sarà attuata, tra l’altro, una importante esperienza di cooperative learning, particolarmente utile se tra gli alunni più d’uno è portatore di Bisogni Educativi Speciali (BES).
Il “diario” è una proposta individuale, adatta a essere avviata a casa, magari come compito delle vacanze natalizie, o come attività a cadenza settimanale, per un periodo di tempo variabile, anche a seconda delle motivazioni e dell’interesse che emergono man mano. Il lavoro incoraggia alla riflessione su sé stessi e sulle proprie domande esistenziali, lasciando gli alunni relativamente liberi di esprimersi. Per quanto riguarda la brochure, si può proporre un lavoro a coppie. Se queste non sono eterogenee nei requisiti di partenza, l’attività sarà un’occasione di tutoring, in cui l’alunno più dotato aiuta il compagno non imponendo il proprio metodo, ma cercando di porsi come mediatore tra le difficoltà del collega e il compito da portare a termine.
Referenze iconografiche: Tarasova Mariya/Shutterstock