Ogni anno scelgo sempre un libro, all’interno del progetto sulla lettura, che abbia come argomento la Seconda guerra mondiale e la Shoah (non solo in vista della giornata della memoria ma anche per fornire un utile aggancio per eventuali percorsi per l’esame): a partire dal testo propongo un percorso didattico integrato che fa dialogare tutti i media possibili, in modo che l’alunno sperimenti e sia parte attiva nella costruzione delle proprie competenze. I ragazzi leggono autonomamente, ne discutiamo in classe, facciamo esercizi e analisi. Il testo è sempre al centro: con letture ad alta voce, compiti di realtà e la sfida con le altre classi. L’obiettivo è che gli studenti giungano a un’interpretazione letterale, per dirla come Dante, cioè che conoscano bene la storia e quanto l’autore vuole dirci.
La letteratura sul tema della Shoah è veramente sterminata, ma c’è un libro particolarmente adatto per la scuola secondaria di primo grado, perché ha per protagonisti due ragazzi che, pur nella tragedia, riescono ad avere uno sguardo incantato e positivo, a sorridere e a mantenere costante la speranza nel futuro: Un sacchetto di biglie di Joseph Joffo.
Joseph e Maurice hanno dieci e dodici anni e vivono una vita tranquilla con i genitori a Parigi. I Joffo, figli di emigranti scappati ai pogrom nell’Europa dell’Est, avevano dato vita a una dinastia di parrucchieri e grazie al loro negozio godevano di un certo benessere. Così le preoccupazioni di Joseph e Maurice non vanno oltre lo scroccare le sigarette all’eucalipto e la paura di essere scoperti.
Anche in quel tragico 1941 le giornate si susseguono tutte uguali tra esplorazioni della città e interminabili partite di biglie, come normalmente succedeva in tempi in cui la strada era il parco giochi; l’invasione tedesca, la guerra e le SS restano sullo sfondo. A far capire a Joseph che nulla sarà più come prima ci pensa Kraber, un compagno di scuola, il bullo diremmo oggi, che afferma: “Sono i giudei che hanno fatto venire la guerra”. Con le lacrime che gli rigano il volto, i pugni serrati e la rabbia che gli monta dal petto, Joseph si trova a pensare: “Ma cosa sta succedendo? Ero un bambino, io, con delle biglie, delle manate, delle corse, dei giocattoli […]. Ebreo. Cosa vuol dire in primo luogo? Che cos’è un ebreo”.
L’ebreo è il responsabile della guerra, gli risponderà Kraber, che ha ora un’arma in più di vessazione: la stella gialla cucita sulla giacca di Joseph e Maurice e i manifesti di propaganda antiebraica attaccati per tutta Parigi.
Eppure persino le botte dei compagni sono un’onta migliore da sopportare dell’indifferenza dei professori, del rendersi improvvisamente conto di essere diventato un paria, un essere da mettere al margine, da perseguitare. I genitori, la sera stessa in cui vedono Joseph tornare a casa con i segni delle percosse sul viso, ben sapendo che nessuno o quasi lo ha difeso, decidono di mettere in salvo i bambini, di farli sparire, di far loro prendere il treno: “Nella notte senza luce, nelle strade deserte dell’ora in cui stava per cominciare il coprifuoco, sparimmo nelle tenebre. Era finita con l’infanzia”.
Maurice diventa il padre, colui che protegge e guida il fratello, Joseph da par suo ricaccia le lacrime e le sue paure e tiene testa ai nazisti, usa la bugia, l’inganno e la furbizia per ritagliarsi scampoli di leggerezza e di divertimento. Nulla sarà più come prima e la fuga, picaresca e rocambolesca, diventa occasione di crescita e motivo di sopravvivenza: non c’è mai livore o odio nelle parole di Joffo, ma lo sguardo incantato e il candore e l’ingenuità dell’infanzia, che talora giunge a momenti di lieve comicità.
I bambini imparano ad arrangiarsi con i più svariati lavori: scambiano generi alimentari con i soldati dell’esercito italiano, fanno commissioni, Joseph addirittura diventa il ragazzo tuttofare di una famiglia di sfollati. Ma la tragedia è dietro l’angolo ed è solo il barlume di umanità che ancora rimane del mondo, oltre al loro spirito di iniziativa, ad impedire ai due bambini di non essere internati in un campo di concentramento.
La storia con la esse maiuscola va avanti di pari passo alla piccola storia di Joseph e Maurice fino alla liberazione di Parigi, e qui il finale non può che essere agrodolce come tutta la vicenda.
Per suscitare l’interesse e far capire ai ragazzi quale sarà il tema del libro, è utile la visione del book trailer. Fondamentale è riprendere con la discussione in classe quanto visto, attraverso brevi domande stimolo: quale è, secondo voi, il tema centrale? Quale oggetto è spesso inquadrato? Perché?
Sulla base di quanto hanno visto nel book trailer gli studenti, divisi a gruppi, provano a scrivere un’ipotetica trama. I lavori corretti verranno riletti alla fine, a lettura ultimata del libro.
In questo romanzo il contesto storico è fondamentale, parte integrante della narrazione: quindi è importante che i ragazzi ricostruiscano il periodo, anche attraverso precisi riferimenti presenti nel libro, e utilizzino contenuti appresi nell’ora di storia Solitamente utilizzo una bacheca di padlet per caricare il materiale di cui ho bisogno. Questo software gratuito è un “aggregatore di software” in cui è possibile inserire vari tipi di documenti – presentazioni power point, file word, immagini e video – e che offre il vantaggio di poter essere utilizzato e integrato dai ragazzi non solo in classe ma anche a casa, una volta ottenuto il codice dal docente. La mia bacheca, in questo caso, si chiama “La Francia sotto il nazismo” e contiene:
Per controllare l’acquisizione dei contenuti si può realizzare una batteria di quiz sul periodo storico per esempio con questbase. Un ulteriore lavoro di rielaborazione dei contenuti storici appresi viene fatta sul testo: divisi in gruppi, i ragazzi devono estrapolare parti del libro da cui risultino i riferimenti al periodo storico e alla persecuzione nazista e illustrarli alla classe.
L’autobiografia di Joseph racconta il viaggio dei due fratelli Joffo per sfuggire ai nazisti: quando si tratta di viaggi è necessario aiutare i ragazzi a visualizzare lo spostamento e a familiarizzare con i luoghi. Ottimo in questo senso il software myHistro che consente di creare mappe interattive inserendo immagini e commenti. Come si può osservare, sulla mappa sono indicati i luoghi e gli spostamenti, accompagnati da immagini e da didascalie.
Nel corso delle lezioni abbiamo viaggiato insieme a Joseph utilizzando le tecnologie, ma anche leggendo semplicemente il testo, perché i testi vanno letti ad alta voce in classe, così che siano assaporati e gustati: la letteratura è fatta per suscitarci domande e per poter discutere, e il docente è colui che fornisce la bussola della navigazione.
Altro caposaldo di questo percorso sono i compiti di realtà che giocano sulla produzione del testo narrativo. Assegno, infatti, esercizi diversi basati sull’immedesimazione con i personaggi, come per esempio i seguenti.
Il culmine del percorso è, però, la sfida sul libro con la classe di un’altra scuola utilizzando Skype, così da risolvere il problema della distanza. Entrambe le classi preparano una batteria di domande con livelli di difficoltà diversi: le domande vengono poi unite in un unico file, mischiate e numerate, cosicché i ragazzi possano sceglierle a turno e provare a rispondere.
È la strada della gamification: attraverso il gioco, la sfida, i ragazzi imparano anche gli elementi più mnemonici, contenutistici. Si divertono e apprendono.
Referenze iconografiche: The Print Collector / Alamy Stock Photo