La scuola è un’istituzione educativa situata all’interno di un contesto socioculturale preciso e definito, del quale è in grado di assorbire, riflettere, scardinare, decostruire e ricostruire valori, idee, modelli, costrutti simbolici e concetti.
In riferimento a ciò, quali azioni si possono adottare all’interno della comunità scolastica per promuovere un’educazione di genere inclusiva e capace non solo di decostruire pregiudizi inconsapevoli e stereotipi radicati e cristallizzati nel tempo, ma anche di contrastarne la formazione di nuovi?
La natura strutturalmente “inconsapevole” di molti pregiudizi di genere che la scuola può contribuire a consolidare suggerisce l’adozione di una serie di approcci metodologici che intervengono sui processi mentali stessi, per decostruire le impalcature ideologiche sulle quali si reggono i pregiudizi e promuovere abitudini mentali che ne impediscano la formazione e il relativo consolidamento.
La decostruzione dei pregiudizi inconsapevoli passa, in altre parole, anche e soprattutto attraverso scelte metodologiche concrete capaci di agire in profondità sui meccanismi di costruzione del significato, delle immagini e delle abitudini mentali: è, infatti, proprio attraverso le azioni quotidiane che il docente può promuovere all’interno della classe la libera partecipazione di tutti, lo sviluppo del pensiero critico e lo smantellamento di ogni forma di pregiudizio.
Vi sono diverse scelte metodologiche che possono essere di grande aiuto a questo proposito. Di seguito ci soffermeremo su alcune di esse.
La pratica del debate, ad esempio, rappresenta un esempio efficace di approccio metodologico non gerarchico e capace di favorire il libero scambio di idee, l’apprezzamento dei punti di vista altrui e la promozione della valorizzazione delle diversità in tutte le sue forme attraverso il dialogo.
Due sono gli aspetti che rendono la pratica del debate particolarmente utile nella promozione di una cultura dell’inclusione e dell’equità:
Il seminario socratico è strutturalmente diverso rispetto al debate, ma condivide con questo le medesime finalità ultime: basato sul principio della libera partecipazione dei soggetti in una discussione, il seminario socratico è una pratica didattica nella quale i partecipanti rispondono a un quesito di natura “aperta” e spesso derivante da un testo letto, proponendo liberamente la propria idea; ognuno dei partecipanti alla “discussione” è chiamato ad ascoltare con attenzione gli interventi altrui e a rispondere utilizzando il proprio pensiero critico alle provocazioni degli altri partecipanti.
Può accadere che in un seminario socratico ad alcuni studenti venga attribuito il ruolo di “osservatori” del dialogo: questa pratica è molto utile per permettere ai partecipanti di riflettere in maniera metacognitiva sull’attività e sulle sue modalità di svolgimento. Più libero e meno strutturato rispetto al debate, anche il seminario socratico rappresenta una pratica che, se introdotta in maniera sistematica all’interno della didattica quotidiana, contribuisce a favorire lo scambio reciproco di idee e a promuovere un approccio pluralistico, aperto e non gerarchico alla conoscenza.
Una modalità di lavoro altrettanto efficace rispetto al debate e al seminario socratico è quella dei cosiddetti Think-aloud Protocols, attività nelle quali gli studenti e le studentesse vengono invitati a verbalizzare ad alta voce (o, in alternativa, in forma scritta) i diversi step di cui è costituito un processo complesso, così da permettere al docente e agli altri studenti e studentesse di “vedere” al di là dei singoli step e capire i processi cognitivi ad essi sottesi. L’uso sistematico di attività come quella dei Think-aloud Protocols, soprattutto se accompagnata da domande che stimolano l’assunzione di punti di vista divergenti, può contribuire a generare negli studenti e nelle studentesse un atteggiamento non passivo, ma autenticamente consapevole nei confronti dell’apprendimento e dei processi cognitivi coinvolti.
La scelta metodologica che, a oggi, risulta tra le più efficaci nella decostruzione metacognitiva dei processi mentali che sottendono la nascita e il consolidamento dei pregiudizi inconsapevoli è senz’altro l’uso delle cosiddette Thinking routines (o “routines cognitive”).
Le Thinking routines sono semplici attività sviluppate per essere utilizzate nelle classi di ogni ordine e grado per stimolare lo sviluppo del pensiero critico e, di conseguenza, un apprendimento di tipo “efficace”. La figura sottostante rappresenta la cosiddetta “mappa della comprensione efficace” e contiene le otto principali «azioni cognitive ad alta leva che servono alla comprensione» (Ritchhard, Church, Morrison 2011, p. 11, trad. dell’autore).
La lista delle azioni identificate nella mappa della comprensione efficace non è esaustiva, ma ha lo scopo di identificare chiaramente e visivamente i «tipi di pensiero che sono essenziali per sviluppare il nostro pensiero critico» (ibid.). Data la sua chiarezza e semplicità, la mappa della comprensione efficace è uno strumento particolarmente utile agli insegnanti per aiutare gli studenti e le studentesse a «diventare più consapevoli del loro pensiero e delle strategie e dei processi che usano per pensare» (ivi, p. 12).
Elenchiamo di seguito le otto azioni cognitive che sono parte integrante della comprensione efficace; ognuna è riassunta da una domanda che ne illustra il significato:
Le Thinking routines sono, dunque, semplici esercizi pensati per stimolare ognuna delle azioni cognitive contenute nella mappa della comprensione efficace. Si chiamano “routines” in quanto sono pensate per essere ripetute nel tempo come degli “esercizi di ginnastica mentale”: in altre parole, attraverso il loro uso sistematico in classe favoriscono lo sviluppo di un clima di confronto e la promozione di un dialogo costruttivo e di un mindset flessibile e duttile da parte di docenti, studenti e studentesse.
Sono state originariamente codificate presso Project Zero, il centro di ricerca e promozione dell’innovazione didattica della Harvard University (USA), come supporto operativo alla teoria del “pensiero visibile” (Visible Thinking). La teoria del pensiero visibile è, a sua volta, ispirata a quella delle intelligenze multiple elaborata da Howard Gardner e si fonda su un principio fondamentale: se gli studenti e le studentesse vengono aiutati a “visualizzare” i meccanismi cognitivi che sottendono l’apprendimento, allora diventano pensatori consapevoli e autonomi nei loro processi di apprendimento e sono in grado di usare il loro pensiero critico, di cui conoscono tutte le componenti, in maniera efficace in tutti i contesti.
La semplicità di struttura e l’immediatezza della loro applicazione rende le Thinking routines strumenti molto duttili e flessibili, utilizzabili in una infinita varietà di ambiti disciplinari e potenzialmente in tutti gli ordini di scuola.
Per capire l’efficacia delle Thinking routines quali strumenti di decostruzione dei pregiudizi inconsapevoli e allenamento di un mindset refrattario alla loro cristallizzazione, vediamo nello specifico il funzionamento di una delle più note, chiamata “Osserva, pensa, fatti domande” (See, think, wonder), il cui obiettivo principale è sviluppare la capacità di farsi domande e generare ipotesi.
Questa routine inizia sempre con l’osservazione di un’immagine, di un oggetto o di un fenomeno ed è strutturata in tre step chiaramente distinti, ognuno dei quali corrisponde a una semplice domanda diretta:
Questa routine può essere utilizzata per:
Per svolgere al meglio questa Thinking routine, per prima cosa è necessario presentare l’oggetto dell’analisi: nello specifico, può trattarsi di una fotografia, di un dipinto o di un’immagine rappresentativa. L’importante è che si tratti sempre di un oggetto che si possa osservare. Per favorire la giusta preparazione della Thinking routine occorre rispettare tre regole:
La fase della preparazione è fondamentale per creare la giusta atmosfera e per generare motivazione negli studenti e nelle studentesse. Per questo non va mai eliminata né ridotta nella sua durata. Provate a utilizzare l’immagine riprodotta nella figura sottostante per svolgere la Thinking routine “Osserva, pensa, fatti domande” con i vostri studenti e le vostre studentesse.
Step 1: osserva
Nella fase di osservazione gli studenti e le studentesse vengono invitati a elencare i dettagli che hanno colto, non a fornire spiegazioni o interpretazioni. Durante questo primo step, che può avvenire a piccoli gruppi o con l’intera classe, è importante ricordare agli studenti e alle studentesse che non esistono affermazioni “giuste” o “sbagliate”, ma solo affermazioni più o meno adeguatamente giustificate.
Chiedete agli studenti e alle studentesse di descrivere nello specifico tutti i particolari dell’immagine presentata: invitateli a soffermarsi sulle figure che vi compaiono, sugli oggetti che tengono in mano, sui loro tratti somatici ecc. Ogni particolare è un dettaglio importante e può nascondere ipotesi interpretative sorprendenti.
Step 2: pensa
Dopo avere stimolato la libera partecipazione di tutti gli studenti e di tutte le studentesse nella fase di osservazione, è questo il momento di sollecitarli a operare collegamenti con ciò che già conoscono attraverso domande guida quali, ad esempio, “Che cosa pensi di sapere di ciò che hai appena osservato?”, “Che cosa pensi che stia accadendo nell’immagine osservata?”.
È prioritario che anche questa fase venga affrontata senza fretta: è importante rispettare i tempi di partecipazione degli studenti e delle studentesse, valorizzando l’apporto di ognuno in un clima di condivisione disteso. In riferimento alla figura, chiedete ai vostri studenti e alle vostre studentesse di formulare ipotesi su ciò che l’immagine può rappresentare. Di seguito forniamo alcuni esempi di domande guida:
Step 3: fatti domande
Questa terza fase è il momento di stimolare ulteriormente il pensiero critico degli studenti e delle studentesse invitandoli a rispondere ai seguenti quesiti:
Gli studenti e le studentesse possono affrontare quest’ultima fase della Thinking routine come gruppo classe, a piccoli gruppi o anche singolarmente. Al termine, è comunque sempre importante verificare che ognuno abbia avuto modo, tempo e spazio per condividere le sue riflessioni con il resto della classe.
Dopo avere osservato e analizzato l’immagine proposta, è ora il momento di invitare gli studenti e le studentesse a formulare domande che scaturiscano dai dettagli da loro osservati. Le domande in questa fase sono potenzialmente infinite, come suggeriscono le seguenti proposte:
Inserisci nella tua pratica quotidiana l’uso sistematico di una Thinking routine come quella descritta sopra (Osserva, pensa, fatti domande) e monitora come cambia il livello di partecipazione dei tuoi studenti e delle tue studentesse nelle interazioni.
L’immagine proposta si presta inevitabilmente a svolgere una serie di riflessioni critiche sui pregiudizi inconsapevoli di genere che ammantano la pratica didattica e l’approccio “equo” alle discipline, in particolare quelle STEM: attraverso l’uso di Thinking Routines come “Osserva, pensa, fatti domande” è possibile non solo smascherare alcuni dei più radicati pregiudizi inconsapevoli e le incrostazioni ideologiche che ancora resistono in ambito didattico e provocano squilibri in termini di qualità e di equità dell’apprendimento, ma anche promuovere la costruzione di una cultura del pensiero critico, unico vero antidoto contro la formazione e la cristallizzazione dei pregiudizi stessi. È solo allenando la mente - nostra e di studenti e studentesse insieme - ad essere sempre più ricettiva nei confronti degli stereotipi di genere e dei pregiudizi inconsapevoli che possiamo trasformare la classe in un “laboratorio” per la costruzione di una società equa.
Questo articolo è un estratto dal volume Educare alla parità, a cura di Marina Della Giusta, Barbara Poggio, Mauro Spicci (Pearson 2022), dove può trovare il testo intero chi volesse leggerlo integralmente.
Referenze iconografiche: agsandrew / Shutterstock; Yuriy Golub / Shutterstock