blog

Booklist - Alla ricerca del genitore perduto | Folio.net di Sanoma

Scritto da Stefano Pattini | ott 10, 2017

"Chi sei? Da dove vieni? Dove sono i tuoi genitori?" chiese Telemaco alla dea Atena, a lui apparsa sotto le sembianze di uno straniero. Queste domande che nel primo libro dell'Odissea il figlio di Ulisse pone alla divinità sono in realtà interrogativi che egli pone a sé stesso, in un momento di crisi in cui sente di essere abbandonato dal padre ed è trattato dalla madre e dai suoi pretendenti come un bambino incapace di fronteggiare la situazione. Ignorando se il padre sia vivo o morto e non recidendo il cordone ombelicale con la madre, il giovane Telemaco vivrebbe perpetuamente sulla soglia di casa, orbo di un'eredità materiale e spirituale, succube degli eventi e della volontà altrui, senza la possibilità di avviare quel processo di individuazione che porta alla formazione dell'adulto capace e responsabile delle proprie azioni. E allora per ottenere una risposta a quelle domande, e cioè per trovare nel passato un fondamento sopra il quale costruire il suo futuro, lascerà temporaneamente la madre per mettersi in viaggio, con il nume della Sapienza e delle Arti, alla ricerca del padre.

Dall'Odissea di Omero ai romanzi di Patrick Modiano, premio Nobel per la letteratura 2014, la narrativa occidentale è costellata di figli orfani alla ricerca del genitore assente. Se la madre in quanto figura nostalgica dell'Origine è uno tra i più ricorrenti topoi di letteratura e psicoanalisi, negli ultimi anni si è assistito a una proliferazione di pubblicazioni, in ambito narrativo e saggistico, sulla figura paterna, oggi in crisi. Tra le altre, ricordiamo un recente saggio di Massimo Recalcati, Il complesso di Telemaco (2013), nel quale lo psicanalista ha ripreso il personaggio mitico per dare un nome alla condizione psicologica ed esistenziale dei giovani in un'epoca in cui è "evaporata" la figura autoritaria del padre e si è svigorita la sua "legge".

Le proposte di lettura che seguono intendono dar conto di alcune delle molteplici variazioni sul tema della ricerca di un genitore assente. Assenza che può essere reale o metaforica, così come il viaggio intrapreso dal figlio può assumere una dimensione fisica o memoriale. Questo figlio a volte è un bambino che cerca di divenire adulto, altre è un uomo maturo che ritorna ai luoghi e alle figure della propria infanzia. Col passare del tempo, inoltre, capita che i ruoli si invertano e il genitore finisca per diventare il figlio, come nel bellissimo libro di Ben Jelloun Mia madre, la mia bambina.

Se rispetto al genere letterario il tema ricorre sia in romanzi di formazione sia in libri di memorie, sul piano narrativo si dispiega in una pluralità di soggetti assai differenti tra loro: la ricostruzione postuma di momenti della vita di un genitore scomparso, il processo di formazione che porta alla condanna della condotta morale di un padre, la scoperta di essere stato adottato e la conseguente ricerca dell'origine biologica, il salvataggio di un genitore che vive una crisi d'identità e ha bisogno che gli si ricordino le proprie responsabilità, la conservazione della memoria di un familiare quando questi, a causa di una malattia senile, non è più in grado di ricordare chi sia.

Scuola secondaria di primo grado

Brian Selznick, La stanza delle meraviglie, Mondadori 2012

Due storie e due linguaggi diversi nel "romanzo per parole e immagini" di Selznick, l'autore de La straordinaria invenzione di Hugo Cabret.
Nella prima trama, narrata a parole e ambientata nel 1977, Ben, un ragazzino sordo e orfano di madre, fugge dalla casa degli zii nel Minnesota per andare alla ricerca del padre che non ha mai conosciuto. Lo guidano alcuni oggetti appartenuti alla madre, tra cui un medaglione con il volto di un giovane uomo e un libro intitolato La stanza delle meraviglie, pubblicato dal Museo di Storia naturale di New York.
Nella seconda linea narrativa, raccontata con disegni, una bambina sordomuta di nome Rose nel 1927 scappa di casa per incontrare una famosa attrice del cinema: è la madre che ha divorziato dal padre e si è risposata, ed ora non può né vuole occuparsi della figlia. Allora Rose va a cercare conforto presso il fratello che lavora al Museo di Storia naturale di New York.
Qui, finalmente, le due linee narrative (e i due codici verbale e iconico), che prima hanno corso in parallelo, si intrecciano...
Non ci si spaventi per le 650 pagine del libro, perché oltre a essere costituite per la maggior parte da illustrazioni, esse sono di facile e piacevolissima lettura.

Pina Varriale, Tutti tranne uno, Piemme 2009

Giulia, che da grande vorrebbe diventare una giornalista famosa, si è iscritta al liceo classico più prestigioso di Napoli. Ma sin dai primi giorni di scuola si sente un po' a disagio con i compagni "firmati da capo a piedi", che appartengono a un livello socio-economico più elevato e, contrariamente a lei, conducono esistenze apparentemente spensierate. La sua famiglia, infatti, naviga in cattive acque e perciò si è dovuta trasferire in una casa più piccola, in un quartiere di periferia: la madre è disoccupata e il padre, che litiga spesso con la moglie e torna a casa sempre stanco e impensierito, teme di essere licenziato. Questa situazione, aggravata dalla mancanza di dialogo tra i familiari, compromette il rendimento scolastico di Giulia.
Poi un giorno la polizia trova l'auto del padre abbandonata. La scomparsa improvvisa del genitore, che Giulia scoprirà essere legata a un contesto di usura, se da una parte getterà la famiglia nella povertà costringendo la ragazza ad abbandonare la scuola, dall'altra, grazie a una ritrovata sincerità e condivisione, avrà l'effetto di rinsaldare i legami famigliari e farà diventare Giulia più responsabile e meno preoccupata alle apparenze.
Tutti tranne uno è una coinvolgente storia di formazione che ha il merito di toccare con sensibilità e chiarezza temi sociali molto impegnativi come la disoccupazione, la povertà e la malavita.

Loredana Frescura, Non rubatemi l'inverno, I delfini, Fabbri editore 2002

Dalia è una ragazzina molto amata dai genitori – una cuoca che gestisce la propria trattoria e un meccanico con la passione del pianoforte – e ha un'amica inseparabile, Margherita, con cui condivide il sogno di diventare stilista. Sarebbe una vita normalissima se non fosse che Dalia, in realtà, è una trovatella che è stata abbandonata in un cassonetto della spazzatura. L'ha sempre saputo, ma il giorno del suo quattordicesimo compleanno decide di far luce sulle proprie origini e allora, con l'aiuto di Margherita, inizierà delle indagini che la condurranno in treno a Roma. In questo viaggio le loro vite si intrecceranno con quelle di Igor, un profugo bosniaco fuggito dagli orrori della guerra, e di Isabella, una bambina di buona famiglia scappata dalle grinfie di una matrigna crudele e da un padre troppo occupato dal lavoro. Il viaggio la aiuterà a liberarsi dalle ombre ingombranti del suo passato, guidandola a perseguire con più chiarezza e determinazione il suo progetto di vita.

Guus Kuijer, Mio padre è un PPP, Feltrinelli Kids 2013

Polleke è una bambina olandese di 11 anni che vive con la madre. Vorrebbe tanto che il padre fosse un poeta, ma in realtà è un PPP, un Padre Particolarmente Problematico: Spik è, infatti, un tossicodipendente che dorme per strada, un bugiardo inaffidabile che cerca soldi perfino alla figlia. Lei si vergogna di lui davanti agli altri, ma al contempo lo difende, assumendosi la colpa delle sue azioni poco nobili, perché sa che in fondo è un uomo buono, che le vuole bene.
La situazione diviene critica quando Polleke chiede al padre di scriverle una poesia e questi, invece, sparisce dalla circolazione e le invia una lettera in cui confessa di non sapere cosa fare al mondo e di non avere una ragione per vivere. Polleke, allora, molto preoccupata, si mette alla ricerca del genitore per le strade della città con l'obiettivo di fargli imboccare l'unica via di uscita dal tunnel in cui si è cacciato: la disintossicazione.
In questa storia, scritta con delicatezza e umorismo, sono i genitori, insicuri rispetto ai propri sentimenti o ai propri ruoli, a chiedere aiuto alla figlia, che si dimostra a volte più matura di chi dovrebbe guidarla nel processo di crescita.

Scuola secondaria di secondo grado

Giacomo Cacciatore, Figlio di Vetro, Einaudi 2007

Chi è Vincenzo Vetro, detto il Turco? Un servitore dello stato o un malavitoso? È la domanda che si pone il figlio Giovanni, un bambino di dieci anni cresciuto a Palermo negli anni '70.
Giovanni cerca di capire chi è suo padre dando ascolto alle sue sensazioni e ai suoi ragionamenti che tentano di districarsi tra un fitto groviglio emotivo: non è per niente facile, infatti, trovare la verità quando i genitori si contraddicono l'un l'altro. Mentre a casa giungono frequenti telefonate di minaccia ("lui non torna più"), il padre insegna al figlio la legge dell'omertà ("se il male non lo vedi, non esiste"). La madre, al contrario, parla troppo e perciò è considerata una isterica da tenere segregata in casa: su alcuni bigliettini che va compulsivamente scrivendo, rivela che il marito obbedisce agli interessi di due famiglie e, in effetti, Giovanni, nei giri che fa con papà per la città, constata che il padre ha due capi diversi, uno alla polizia e uno presso una pasticceria frequentata da loschi individui.
Proprio la morte di uno dei due, che è il vicequestore, farà capire al piccolo Giovanni chi è suo padre. Da allora per molti anni, lui, come del resto gli altri membri della sua famiglia, preferirà vivere nel mondo meraviglioso della tv - formidabile anestetico che tacita la cattiva coscienza - sentendosi come "un morto vivente che aspetta un finale come si deve". Ma la vita è più dolorosa, brutta e inconcludente di quella rappresentata sullo schermo e Giovanni, alla fine, dovrà fare i conti con un'altra verità, diversa da quella custodita per tutti quegli anni.
Questa difficoltà di sbrogliare la verità dalla menzogna è resa sul piano formale da uno stile originale che contrappunta i discorsi dei grandi ai pensieri inquieti del piccolo protagonista e confonde i dialoghi dei famigliari con le battute degli attori sullo schermo televisivo.

Kyung-Sook Shin, Prenditi cura di lei, Neri Pozza 2011

Corea del Sud. Una vecchia contadina, malata e con gravi problemi di memoria, si perde a una stazione della metropolitana di Seul. I familiari, quattro figli e il marito, si mettono a ricercarla per i quartieri della città dove la donna, ridotta alle condizioni di una senzatetto, è stata avvistata: sono i luoghi in cui i figli hanno abitato quando, per studiare o lavorare, si sono trasferiti dal villaggio natio alla capitale. Mentre si confessano e rinfacciano colpe e mancanze, i figli, confusi e smarriti, girano a vuoto per strade che faticano a riconoscere "come se ognuno di loro avesse una parte del cervello danneggiata".
Ciascuno dei quattro capitoli di cui si compone il libro assume il punto di vista di un familiare, che colpito dal vuoto lasciato dalla sparizione della custode del focolare, ricorda episodi diversi della sua vita e ne mette in luce un particolare atteggiamento nel rapporto con i parenti. Soltanto ora essi divengono consapevoli della gravità delle condizioni di salute della donna e ne comprendono la generosità d'animo e la grande forza di volontà. Ma ormai è tardi: hanno dato per scontato troppe cose. Adesso dove sarà? Verso dove camminerà? Forse anche lei cerca la madre, qualcuno che finalmente si prenda cura di lei.
Nel 2012 il libro ha vinto un prestigioso premio letterario asiatico ed è stato tradotto in più di trenta Paesi.

Patrick Modiano, Incidente notturno, Einaudi 2016

Ancora il tema centrale, autobiografico dell'universo narrativo di Modiano: l'investigazione memoriale di un uomo alla ricerca delle proprie origini, il tentativo di vedere in faccia i fantasmi che l'hanno accompagnato per tutta la vita, i gendarmi che dopo averne arrestato il cammino l'hanno scortato attraverso le strade di Parigi per rinchiuderlo in una casa di pena. Per poter ritornare a respirare l'aria della libertà, si tratterà anche in questo racconto di ripercorrere la strada della vita all'indietro, ricomponendo i frammenti di memoria appiccicati alle insegne dei bar e ai cartelli che portano il nome delle vie di Parigi.
L'epifania, ossia l'evento scatenante della storia, in questo caso è un incidente stradale grazie al quale il protagonista, allora sulla soglia della maggiore età, ha l'opportunità di conoscere una giovane donna, misteriosa e insieme familiare. Scomparsa quasi subito nella nebbia invernale, essa diventerà l'insopprimibile oggetto della ricerca dell'adolescente. Perché egli sente da subito che l'incontro-scontro potrebbe raddrizzare le sorti della sua vita allo sbando, da cane braccato, nella quale le uniche occasioni di vita familiare sono rappresentate da sporadici e tristi appuntamenti col padre in caffè fatiscenti.
La storia, l'ambientazione e i personaggi sono molto simili a quelli di Bijou, ma qui abbiamo un protagonista maschile.

Mario Calabresi, Spingendo la notte più in là, Mondadori 2007

In questi ultimi anni sono stati pubblicati diversi libri di memorie e di inchiesta, scritti dai figli delle vittime del terrorismo degli anni '70, per esempio Guido Rossa, mio padre di Giovanni Fasanella e Sabina Rossa (Rizzoli) e Come mi batte forte il tuo cuore di Benedetta Tobagi (Einaudi). Partendo dalla figura del genitore, dal vissuto dei famigliari e dalle vicende processuali legate al caso particolare, essi allargano il discorso privato al quadro storico-politico del tempo, rischiarandone alcuni, importanti, aspetti nebulosi. Tutto questo è presente anche nel testo di Mario Calabresi, che, rispetto agli altri due, ha il vantaggio di una maggiore concisione e perciò pare particolarmente indicato come punto di partenza per affrontare a scuola la spinosa e complessa epoca italiana del terrorismo nero e rosso.
Calabresi nel libro ricorda che in quarta ginnasio spesso saltava la scuola per leggere i giornali pubblicati a cavallo tra gli anni '60 e '70 alla biblioteca Sormani di Milano. Questa si trova proprio tra il Palazzo di Giustizia e piazza Fontana, luogo della strage terroristica del 1969 e sede di un monumento all'anarchico Pinelli. Dai luoghi e dalle figure che hanno segnato la memoria famigliare e collettiva degli Anni di Piombo, è iniziata la ricerca di un giovanissimo studente, poi giornalista, sulle dinamiche che portarono il padre, il commissario Luigi Calabresi, a essere assassinato nel 1972, dopo una pesante campagna stampa che lo indicava, infondatamente, come responsabile della defenestrazione di Pinelli dagli uffici della questura. Uno dei meriti di questo libro è, infatti, quello di mettere in guardia dal "condividere" acriticamente, per partito preso, informazioni non verificate, perché queste possono portare a tragiche conseguenze.
Il volume, introdotto da una brevissima nota biografica e storica che offre le coordinate essenziali per accostarsi alla vicenda, andrebbe inquadrato e discusso in classe, affiancandolo a letture di storia del Secondo Novecento.

Referenze iconografiche:  Zaid Harith/Shutterstock