… we have to be mindful that the post-corona challenge is not only to make foreign language learners proficient or competent in using foreign ways of speaking and writing, but rather to implicate them in the lives of others who don’t speak and don’t think like them, who don’t see the world like them and yet on whom they depend and to whom they are answerable. (Kramsch, 2022: 31)
Un consiglio di classe ha a disposizione 33 ore di educazione civica in un anno: alcune di queste ore sono affidate al docente di lingua. Per fare cosa? C’è chi rispolvera quella che un tempo si chiamava “civiltà”, chi insegna argomenti di geografia legati al Paese di cui si studia la lingua, chi usa le ore di educazione civica per approfondire i temi dell’Agenda 2030 usando anche i preziosi materiali messi a disposizione dall’Unesco (ad esempio: https://www.wame2030.org/lessons; https://worldslargestlesson.globalgoals.org). C’è chi dopo che il collega di storia o di italiano ha presentato la Costituzione Italiana sviluppa percorsi per far conoscere agli studenti la Magna Carta o la Dichiarazione di Indipendenza americana.
Nulla da eccepire. Ma se provassimo ad assumere una prospettiva diversa? Vorrei, cioè, suggerire di usare questo spazio che ci dobbiamo ritagliare all’interno delle ore di lingua per “fare educazione civica” per provare a realizzare percorsi che vanno dal locale al globale, dall’io all’altro al mondo usando la lingua per sviluppare competenze di cittadinanza globale. L’obiettivo potrebbe diventare quello che Kramsch indica nella citazione con cui abbiamo aperto questo contributo: sviluppare empatia, capire che una mia scelta personale a livello locale ha delle conseguenze anche sulla vita di persone che posso non conoscere e che vivono magari in altre parti del mondo.
Le proposte che seguono prendono avvio da tre documenti che possono essere usati anche per progettare percorsi di educazione civica all’interno del curricolo di lingua:
Nello schema elaborato da OCSE-PISA per la valutazione della Global Competence si trova una definizione di competenza che nasce dall’intreccio di quattro dimensioni:
Ciascuna di queste quattro dimensioni si compone di conoscenze, di abilità, di atteggiamenti e di valori. Abbinando a ciascuna di queste dimensioni un’azione e quindi un verbo che la descrive, abbiamo provato a immaginare esempi di attività che si possono fare in una classe di lingua a partire da un tema dato.
È quell’insieme di azioni che si possono fare per aiutare gli apprendenti a riflettere sul proprio vissuto, sulle abitudini, sul mondo che li circonda, sulle scelte che fanno, su aspetti noti del loro stile di vita o degli ambienti che frequentano.
Quelle che proponiamo sono attività che possono essere svolte in diverse fasi del percorso, ogni volta cioè che emerge l’esigenza di una presa di coscienza del rapporto tra locale e globale, tra le scelte che ognuno di noi fa e l’impatto che le stesse hanno sulla vita di altre persone magari in altre parti del mondo.
All’inizio di un percorso di approfondimento del FAIR TRADE possiamo proporre agli studenti la seguente attività:
Si tratta di quelle azioni che mettiamo in atto per fare in modo che l’apprendente si confronti con opinioni diverse dalle proprie, con un punto di vista che può anche non condividere. Sono azioni utili a sviluppare empatia, per abituarli a mettersi nelle vesti di un altro, per capire che esistono anche modi diversi di vivere, di studiare, di vestire, di mangiare, di passare il tempo libero… Molto utile è il lavoro a coppie o a gruppi e tecniche come quella del think, pair and share, di cui diamo alcuni esempi.
Se l’attività precedente serve a capire che potrebbero esserci aspetti di un problema che non conosciamo e che potremmo approfondire grazie all’apporto di un altro che ce li fa scoprire, l’attività che segue, invece, aiuta a mediare, tra posizioni diverse, per raggiungere un accordo.
Sarà sicuramente curioso vedere quale posizione occupano voci come “votare” o “pagare le tasse” in una classe di quindicenni! Un’attività di questo tipo potrebbe essere usata per comprendere, ad esempio, su quali temi lavorare anche come consiglio di classe: se il “votare” non fosse, ad esempio, percepito come un dovere oltre che un diritto, varrebbe forse la pena impostare un percorso di educazione civica proprio sul diritto/dovere di voto.
Si tratta di tutte le attività che mettono in primo piano la competenza linguistico-comunicativa e i diversi modi di comunicazione previsti dal Quadro: ricezione, produzione, interazione e mediazione. Sono attività linguistiche finalizzate a raccogliere dati e informazioni, a imparare a leggere le fonti, a comunicare usando gli strumenti linguistici in modo efficace rispetto ai propri interlocutori.
In un percorso sull’uso della lingua nei social e, in particolare, sul fenomeno noto come “hate speech” si potrebbe pensare alla seguente attività:
Oppure al termine di un percorso su “Why taxes?” si potrebbe chiedere agli studenti di sviluppare la seguente attività:
La dimensione del comunicare potrebbe anche avere una componente creativa. Ad esempio, al termine di un percorso sul “child labour” si potrebbe introdurre la seguente attività:
È l’obiettivo ultimo dell’educazione civica, una delle finalità grandi del fare scuola: fare in modo che gli apprendenti diventino cittadini attivi e responsabili, capaci di prendere decisioni, di scegliere, di agire con consapevolezza.
Proviamo a vedere alcuni esempi di attività che si basano anche sulla attivazione di literacies, come le digital literacies o le financial literacies, considerate oggi sempre più importanti.
Gli esempi che abbiamo dato si inseriscono in un percorso di riflessione sulle pratiche che l’introduzione obbligatoria dell’Educazione Civica nei curricula della scuola italiana ci ha, in qualche modo, obbligato a intraprendere. Le quattro dimensioni che abbiamo individuato rimandano a quattro esigenze fondamentali del curricolo di Educazione Civica, intesa qui come Educazione alla Cittadinanza Globale.
La prima esigenza è quella di una analisi anche critica della situazione attuale, del mondo in cui viviamo e delle contraddizioni che esso presenta; questa esigenza rimanda alla dimensione che abbiamo definito dell’investigare (Investigate).
La seconda esigenza è quella di maturare la capacità di una visione diversa, capace anche di immaginare alternative nuove rispetto al nostro modo di vivere attuale; essa è chiaramente legata alla dimensione del riconoscere, del capire e dell’accettare che ci possano anche essere altri modi di vita.
La terza esigenza è legata alla necessità di salvaguardare i pilastri di una cultura davvero democratica che, in diverse parti del mondo, non esiste o è fortemente a rischio; essa dipende dallo sviluppo di competenze che trovano nella dimensione del comunicare la loro esemplificazione.
Infine, una esigenza che fa leva sul cambiamento e che coinvolge la dimensione dell’agire, anche nel piccolo, verso una cittadinanza globale consapevole e responsabile.
Referenze iconografiche: Dawid Zawila/Shutterstock