Come insegnante di un istituto tecnico, mi trovo di fronte a studenti che considerano la scrittura una brutta esperienza o addirittura una partita persa; nel tempo ho intuito che poteva esserci una sfida da accettare: trovare una modalità per rendere interessante e utile la scrittura agli occhi dei ragazzi, un’utilità immediatamente tangibile, senza perdere di vista il fatto che presto o tardi avrebbero dovuto confrontarsi con la Prima prova dell’Esame di stato.
Esistono principalmente due strade attraverso le quali è possibile insegnare: l’addestramento o l’educazione. Addestrare i miei studenti alla Prima prova fin dalla classe terza significava lavorare sulle simulazioni d’esame, passando al vaglio tutte le tipologie, rivedendo seriamente gli errori e suggerendo le strategie per consentire loro di svolgere una buona prova quando sarebbe stato il momento. Inizialmente, ho seguito questa strada; quasi subito però ho riscontrato la sua fallibilità dal momento che i risultati positivi tardavano a venire. Questo metodo non spronava a imparare, i ragazzi non percepivano l’importanza di apprendere e di cimentarsi in quelle strategie. Per forza di cose quindi ho dovuto interrompere e ripartire da zero chiedendomi cosa potesse significare nel concreto “educare gli studenti” alla Prima prova dell’Esame di stato. Quel che è emerso dalle mie riflessioni e dai miei tentativi è un percorso articolato in tre passaggi, dalla classe terza alla quinta.
Esemplificherò ora il lavoro relativo agli elaborati scritti nella classe terza.
Il percorso prende spunto da tre suggestioni iniziali.
Almeno una settimana prima, comunico alla classe la data in cui cominceranno a lavorare sui loro scritti suggerendo di guardarsi attorno, prestare attenzione ai telegiornali, tenere occhi e orecchie aperte sulle lezioni che sentono alla mattina, riflettere sulle cose che accadono a loro o che scoprono di sé. Questo perché durante le prime due ore di lavoro mi diranno su cosa vorranno scrivere.
Ogni argomento che scelgono è adatto allo svolgimento dello scritto? Ho sperimentato che è così. Certo, ci vuole un minimo di pazienza per aggiustare argomenti poco validi o troppo spinosi, ma la mia esperienza mi porta a credere che quasi ogni argomento valga un buon compito. Inoltre, sono convinto che gli studenti di un Istituto tecnico abbiano gli strumenti necessari per sentirsi a loro agio nell’attualità per via delle materie che studiano, quali Economia politica, Economia aziendale, Matematica finanziaria e Diritto. Questo mi sembra un punto di forza non indifferente su cui mi sento di spronarli e incoraggiarli durante la scelta di una traccia.
Nel giorno fissato per iniziare il lavoro – il primo blocco da due ore – ogni studente comunica l’argomento che desidera approfondire. Con ordine mi devono spiegare e argomentare il motivo della loro scelta e quale potrebbe essere il punto di interesse per un ipotetico lettore. Una volta individuato l’argomento devono consegnarmi una bozza di titolo al termine delle due ore.
Il tempo che rimane possono impiegarlo per avvantaggiarsi nel lavoro che lascerò per casa: documentarsi. I ragazzi devono cioè trovare delle fonti autorevoli sugli argomenti che hanno scelto. Tutto ciò viene preceduto da una lezione sui motori di ricerca, le keywords e su come riconoscere una fonte internet buona da una cattiva. Anche se internet è solo una delle opzioni: ci sono gli adulti! Possono chiedere ai miei colleghi, ai genitori, intervistare un cugino universitario... Poi ovviamente ci sono i telegiornali, i quotidiani, le riviste specializzate e c’è anche internet.
Non è importante come gli studenti reperiscono le fonti, quel che conta è che il giorno dopo arrivino in classe con almeno quattro documenti cartacei che hanno selezionato per poter proseguire il lavoro. In questo modo tento di ricreare una caratteristica della Prima prova dell’Esame di stato: aver a che fare con dei testi esterni da capire e da usare per il proprio componimento.
Nel secondo momento, la prima delle due ore si usa per lo studio dei documenti che i ragazzi hanno selezionato. Do sempre l’indicazione di prendere appunti durante la lettura, per poterne fruire nel lavoro successivo.
Terminato lo studio e presi due o tre appunti, gli studenti possono usare la seconda ora per imbastire la brutta copia. In questo passaggio io sono disponibile a fare un mestiere simile al correttore di bozze: verificare con loro la coerenza, sbloccare una situazione di stallo, chiarire certi dubbi grammaticali. Quel che non riescono a fare a scuola possono ultimarlo a casa ed è una concessione che non faccio a cuor leggero. Con quest’ultimo passaggio non posso dire quindi che i miei studenti facciano delle vere e proprie verifiche in classe di composizione scritta, anche se nei fatti le valuto come tali. Certamente temevo che ciò potesse inficiare la prova, falsare la valutazione, ma con mia sorpresa ho dovuto constatare che mi sbagliavo. Dobbiamo ricordare che i ragazzi stanno lavorando su qualcosa che interessa loro, quindi non hanno il problema di farsi aiutare completamente. A quel punto del percorso, avvertono già come proprio quel lavoro, e ci tengono a farlo autonomamente.
Il terzo passaggio riguarda esclusivamente la copiatura dell’elaborato. Due ore per copiare, o meglio, per consegnarmi un elaborato formalmente impeccabile. Ogni virgola, ogni apostrofo, ogni accento, tutto deve essere al suo posto. Avendo avuto non venti minuti ma due ore per copiare, una «a» senz’acca, una «e» senza accento acquisiscono un peso più certo o comunque ben lontano dall’”errore di copiatura”.
Non chiedo ai ragazzi di essere precisi perché sono un pignolo, ma perché io credo fermamente che il loro lavoro abbia un valore; il loro pensiero è dignitoso, meritevole; perciò deve essere consegnato in una forma che sia ordinata, perfino bella, per rispetto anzitutto verso sé stessi e verso il proprio lavoro.
Per dare una dignità al mio lavoro di correzione dei loro testi, ho voluto provare a vedere se soffermarsi sugli errori e sui punti di forza potesse essere utile a far diventare gli studenti più bravi. Ho quindi cominciato a correggere in questo modo:
Per impostare la griglia di valutazione mi sono dovuto chiedere su quali aspetti mi interessa insistere in ogni classe. Per esempio nella griglia che segue, destinata a una classe terza, avevo la necessità di insistere di più sulla “forma”, tanto da assegnarle la stessa percentuale di voto dedicato alla “correttezza”. Mettendo al corrente gli studenti, è possibile via via operare qualche piccola modifica alle percentuali e modulare la valutazione a seconda del lavoro che l’insegnante sta svolgendo con la classe.
Se nella verifica sui loro errori gli studenti dimostreranno di aver saputo ragionare adeguatamente e autocorreggersi, potranno aumentare il 30% del voto relativo alla correttezza.
Referenze iconografiche: smolaw/Shutterstock