PONZANI La notte tra il 24 e il 25 luglio 1943, con l’ordine del giorno Grandi, il Gran consiglio sfiducia Mussolini. C’è chi sostiene che Mussolini, cercando una scappatoia, una via d’uscita alle disastrose sconfitte militari, avesse in qualche modo favorito questa sfiducia. Che cosa accade veramente?
MAURO Mussolini è sicuramente con le spalle al muro, non sa come uscire dalla sconfitta militare che si profila. Il 19 luglio 1943 egli cerca nell’ultimo incontro a Feltre di convincere il Führer a spostare le truppe dal fronte orientale nel Mediterraneo, spiegandogli che probabilmente da lì sarebbe stata attaccata la Germania, ma Hitler quasi non lo lascia parlare. L’incontro viene interrotto a metà dalle notizie del bombardamento su Roma: il Duce ritorna direttamente nella capitale, dove si rende conto della devastazione. Mentre egli era a Feltre, inoltre, un gruppo di gerarchi aveva chiesto la riunione del Gran consiglio. Quindi è vero che probabilmente Mussolini è in cerca di una via d’uscita: su tutti i fronti sta perdendo; in Sicilia è iniziata l’invasione degli Alleati. Tuttavia, non credo che si sia consegnato passivamente al Gran consiglio; credo che abbia voluto ancora provare il suo carisma, convinto di persuadere i gerarchi, tanto che nell’ultimo intervento, prima del voto del Consiglio, tenta il tutto per tutto dicendo: «io non posso rivelarvi i segreti militari ma ho la chiave per vincere la guerra, e nuove notizie clamorose verranno rese manifeste tra pochi giorni». Ma il voto è implacabile: 19 pronunciamenti a favore della deposizione, 8 contrari, 1 astenuto.
PONZANI Tra i 19 gerarchi che votano per la sfiducia di Mussolini c’è Galeazzo Ciano, il quale aveva sposato la figlia prediletta del Duce, Edda. Si può dunque affermare che la tragedia nazionale abbia anche un risvolto familiare. Galeazzo Ciano verrà infatti condannato e fucilato dopo un “processo farsa” avvenuto a Verona nel gennaio 1944.
MAURO Sì, naturalmente per Mussolini il voto di Ciano rappresenta un tradimento, come è testimoniato dall’intercettazione dell’ultima telefonata che il Duce fa dopo la sfiducia ricevuta. Alle tre di notte chiama Claretta Petacci, la sua amante, e le dice «è finito tutto, cercati un riparo già domani mattina al più presto». L’ultima telefonata la fa proprio a Edda, alle tre e un quarto. Si tratta di una telefonata sospesa, incompiuta: probabilmente voleva informarla che suo marito aveva votato contro di lui; chiederle il perché, le ragioni. Nella registrazione telefonica si possono ascoltare però soltanto due parole: «senti, Edda», poi c’è lo schianto di un bombardamento e salta la linea telefonica. Edda vive ormai separata da Ciano, ma quando egli viene arrestato (lo stesso giorno della votazione) lo difende con tutte le sue forze: nella sua ultima lettera implora il Duce, piange, poi lo maledice.
L’11 gennaio 1944 Ciano viene fucilato con altri quattro gerarchi. Mussolini resta in piedi tutta la notte ad aspettare la notizia dell’avvenuta fucilazione, arrivata la quale affermerà: «sono morto anch’io quella notte». Il fascismo gli ha portato in casa, in famiglia, quella stessa violenza che lui stesso aveva esaltato per vent’anni.
PONZANI Arriviamo al comportamento del re. Quella notte, al Gran consiglio, nessuno si aspetta che il fascismo cada. È ancora viva in alcuni gerarchi, tra cui Grandi, la speranza di continuare un fascismo senza Mussolini. Qual è il ruolo di Vittorio Emanuele III?
MAURO Il re ha deciso di intervenire, data la grave situazione politico-militare dell’Italia, ma ha bisogno di un mandato da parte di un organo dotato di autorità costituzionale. Per questo suggerisce di riunire il Gran consiglio. Vuole agire sulla base di una direttiva e non decidere lui stesso. Grandi segue la sua indicazione e ottiene la delibera dei gerarchi. D’altra parte il re, d’accordo con il capo di Stato maggiore Ambrosio e con il generale Badoglio, aveva già stabilito che, qualora il Gran consiglio avesse sfiduciato il Duce, si sarebbe fatto un nuovo governo e si sarebbe arrestato Mussolini.
Il sovrano aveva capito che erano in gioco le sorti della dinastia insieme con quelle del fascismo, con il quale la dinastia stessa era stata connivente per anni.
PONZANI Il fascismo si dissolve come nebbia. Di fatto non c’è una rivoluzione da parte del popolo italiano, che ormai si è distaccato da Mussolini.
MAURO Di fatto sì, finisce così. Il fascismo si rivela alla fine un sacco vuoto che cade su sé stesso e Mussolini accetta questa sorte. Nel pomeriggio del 25 luglio, durante l’incontro con il re a Villa Savoia, il Duce aveva portato una dichiarazione dei costituzionalisti che dicevano quello che lui voleva sentirsi dire, cioè che il Gran consiglio era un organo puramente consultivo, e quindi il re poteva non tenere conto della votazione.
Mentre apre la cartella, però, il re lo ferma e gli dice «il voto del Gran consiglio è tremendo»: un giudizio implacabile e definitivo. Mussolini non replica, accetta questo giudizio, e il re continua: «Badoglio farà un governo di emergenza per sei mesi. Poi vedremo». Il re ha fretta, vuole concludere l’incontro e accompagnare Mussolini sul piazzale, dove si deve compiere l’ultimo atto: l’arresto. Mussolini non se lo aspetta e rimane impietrito: come se avesse ricevuto un colpo in pieno petto. L’unica che aveva capito tutto, già prima che suo marito uscisse di casa per recarsi al Gran consiglio, era la moglie Rachele: quando l’autista aveva messo in moto la macchina, con Mussolini e De Cesare – suo segretario personale – seduti sul sedile posteriore, si era parata di fronte con il dito indice alzato, facendo segno di no ed esclamando: «voi due stasera non tornerete a casa». È andata così.
Lo stupore della storiaIl testo è tratto da Michela Ponzani, Marco Mondini, Lo stupore della storia, Volume 3, Il Novecento e il mondo contemporaneo, Sanoma Italia, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, 2025.
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Referenze iconografiche: L'arresto di Mussolini il 25 luglio 1943 in una illustrazione de «La Domenica del Corriere», 1963.
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